Nei vari dibattiti scaturiti dopo la lettura dei tuoi due libri, caro Jonathan, sono molte le dinamiche sorte fra di noi. Tanti sono stati i temi affrontati, tante le controversie che ne sono nate, tanti i punti di vista differenti, ma tutto questo è normale quando le teste pensanti sono differenti.
Un tema cruciale è stato quello dell’omosessualità, ed in proposito è opportuno precisare che in questo ambiente è un tema difficile da affrontare. L’omosessualità infatti, dalla stragrande maggioranza dei detenuti, non è vista di buon occhio, anzi la maggioranza ritiene che l’espressione dell’omosessualità non sia accettabile ( e di questo sono certo, dato il mio trascorso carcerario).
Un mio compagno e amico ha esordito dicendo che oggi non è più come anni fa, in quanto l’informazione diffusa, i media e i social, ci forniscono dati continui che ci permettono una maggior conoscenza del tema, quindi un progressivo cambiamento di mentalità e un venir meno dei pregiudizi. Manifestazioni come i gay pride mirano a far conoscere l’esistenza di questo mondo di “diversi “e a far prendere atto che la diversità di orientamento sessuale è naturale, che il mondo è questo e che ognuno ha diritto di essere quello che è e di manifestare le sue scelte.
E’ vero, siamo nel XXI secolo, certi pregiudizi non dovrebbero più esistere, e ognuno dovrebbe essere libero di esprimere e vivere la sua sessualità, questo per lo meno dovrebbe accadere in un paese che si dice moderno e democratico. Oggi si dichiarano omosessuali politici, cantanti, artisti ma i pregiudizi sono difficili da estirpare. Vi ricordo che l’ Italia si è divisa sul decreto di legge Zan, gli stessi gruppi politici modificano la loro posizione a seconda della convenienza, segno anche questo di quanto sia difficile e divisivo il tema dell’atteggiamento verso l’omosessualità.
Ma torniamo a noi detenuti e al carcere.
Oggi, come ho detto, è normale vivere inseriti e informati nella complessa realtà che ci circonda, ma se forse questo vale per il mondo esterno, qui non è così. Il carcere non è il modo di fuori, è un mondo con le sue leggi e le sue regole. E’ un mondo diverso, vissuto da persone con culture, età e modi di pensare che a volte non tengono conto dell’evoluzione e dei cambiamenti dei tempi. Probabilmente nei decenni a venire anche qui cambierà la mentalità, sarà questione di tempo, ma oggi non si è ancora pronti ad accettare l’omosessualità come una cosa naturale.
Intendo spiegarmi meglio, senza usare filtri e senza essere ipocrita, evitando allo stesso tempo di passare per omofobo e di giudicare coloro che fanno scelte diverse dalle mie.
Qui dentro si vive in celle che solitamente ospitano da due a tre persone, ultimamente sono poche le strutture che ne ospitano di più. Faccio un esempio riferito a me stesso, visto che dall’opinione che ho espresso è scaturito il dibattito cui ho accennato sopra.
Sono in cella da solo e improvvisamente, davanti alla cella, si presenta l’appuntato con un detenuto “nuovo giunto”. La prassi è quella di far accomodare la persona e poi condividere ogni cosa all’interno della cella: da quel momento non c’è più niente di mio o di suo, quello che c’è diventa di entrambi. Questa è la prassi. Diverso è invece se davanti alla mia cella mi portano un pentito o un confidente, cosa ovviamente improbabile per non dire impossibile, sapendo che gli stessi agenti sanno quello che potrebbe accadere, ma lo dico solo per introdurre l’esempio che seguirà.
Nel caso di un pentito o un confidente con cui condividere la cella, ci si oppone e non lo si fa entrare, altrimenti i rapporti sarebbero sicuramente di conflitto, anche se quella persona non la si conosce e non ci ha mai recato personalmente alcuna offesa: questa è una delle leggi del carcere. L’alternativa è quella di uscire dalla cella, lasciare il posto al nuovo giunto e farsi portare alle celle di isolamento. In questo modo si evita di essere additati dagli altri detenuti come possibile pentito o confidente.
Se l’esempio è stato abbastanza chiaro, credo non sia difficile capire perché allo stesso modo non accetterei l’omosessuale dichiarato, perché verrei deriso, additato e allontanato dagli altri compagni, in quanto si presuppone che, se accetto un omosessuale come concellino, anch’io devo avere la sua stessa “malattia” oppure qualche desiderio nascosto che vorrei soddisfare. Sarei isolato più dello stesso omosessuale, non avrei più diritto a confrontarmi con gli altri e verrei emarginato dal branco… probabilmente lo stesso branco potrebbe usare anche altri modi per farmi capire che ho sbagliato, senza concedermi diritto di replica.
Personalmente non ho niente contro nessuno, a mio parere ognuno della propria vita può fare ciò che vuole… certamente però non sono ancora pronto a condividere certe scelte e anch’io, come altri, probabilmente ragiono in modo antico: vedere due uomini che si baciano pubblicamente mi infastidisce e mi turba ancora nel profondo. Immagino già il pensiero della maggior parte di chi leggerà quello che ho scritto, ma per me è così: ho espresso la mia opinione, anche se sono consapevole del rischio di essere considerato omofobo e razzista. In realtà non mi sento tale: in nome della libertà di espressione dico semplicemente quello che penso a differenza di coloro che fanno gli ipocriti per convenienza pur pensandola come me.