È più facile controllare le persone se queste hanno paura, così lo stato cerca di aumentare la costruzione sociale dell’insicurezza che porta alla paura, sfruttando l’urbanizzazione e le zone più periferiche della città.
Francesco Erbani, scrittore nella redazione culturale di “Repubblica”, ospite dell’incontro che si è tenuto domenica 5 ottobre a Internazionale, ci insegna però che le periferie possono essere sia geografiche sia sociali e che l’urbanistica ha come compito anche quello di creare o riqualificare zone della città. Erbani ci informa che l’urbanistica non è solo una disciplina tecnica, ma comprende anche la politica dato che le due si intersecano vicendevolmente. Questo, però, era soprattutto il pensiero che caratterizzava gli anni ‘60, ma dal 1980 in poi i due diversi ambiti hanno cominciato a separarsi. Ciò è determinato dal fatto che negli ultimi decenni la forza del privato sta aumentando, riempiendo gli spazi che l’urbanizzazione non riesce a raggiungere.
Questo problema è causato dal fatto che in Italia non esiste una legge per l’amministrazione del suolo che porta a favorire il privato nel momento in cui le città si espandono, anche se uno dei compiti dell’urbanizzazione dovrebbe proprio essere quello di regolare la ricchezza del privato per non far rimanere nelle mani di pochi gli appezzamenti di un’intera città. Altra prova del distacco tra politica ed urbanizzazione è la progressiva mancanza di studi urbanistici nei curriculum dei politici, che erano invece presenti fino a pochi decenni prima della fine del ‘900.
Un tema molto importante, di cui ci hanno parlato Matilde Madrid, assessora al welfare, salute, fragilità, anziani, sicurezza urbana e Protezione civile del Comune di Bologna e Irene Pancaldi, coordinatrice di progetti e comunicazione culturale presso CIDAS, è stata la sicurezza.
Infatti l’urbanizzazione influisce molto sull’ordine pubblico quando si tratta di sicurezza. E’ da sottolineare però che non esiste nessun diritto alla sicurezza perché nelle norme e negli ordinamenti questa è considerata un bene pubblico, che afferisce alla vivibilità delle città. Ma siccome i politici la considerano tale e quale ad un diritto, questo va garantito e nel garantire un diritto si tende a lederne altri.
Ne sono un esempio le “zone rosse”. Queste, a Bologna, sono aree urbane per le quali la Prefettura (in accordo con le forze dell’ordine) ha disposto restrizioni particolari per motivi di sicurezza urbana: in concreto, in queste zone è vietato lo stazionamento a soggetti considerati pericolosi o molesti, soprattutto se già denunciati per reati come spaccio, danni, reati contro le persone.
Infatti la creazione di zone rosse nelle città fa sì che le zone limitrofe ne risentano, soprattutto perchè alimentano la costruzione sociale dell’insicurezza, che porta a sua volta alla richiesta di maggiore controllo da parte dei cittadini. E’ per questo che nei luoghi pubblici sono sempre più presenti le forze dell’ordine, che se da un lato garantiscono tranquillità, dall’altro tendono a creare paure e sospetti.
Nasce così la ricerca del nemico che determina tutti i mali della città, da parte dello stato e dei civili. Il nemico ovvero le persone più povere, i senzatetto, gli spacciatori, vengono raffigurati come il margine delle città.
Alice Facchini, giornaliste e mediatrice dell’incontro, ha poi concluso ricordando che gli spazi pubblici possono e devono essere riqualificati così da cercare di ridurre le disuguaglianze.