“La vita è come una porta: se bussi e non si apre, tiri un calcio ed entri, senza avere paura.” Queste sono le parole pronunciate da Maria Aparecido Ribeiro de Sousa, leader del movimento Quilombolas, il 4 ottobre al Festival Internazionale di Ferrara 2025 nell’Aula Magna di Economia.
Dall’inizio del secolo, il Brasile fa parte dei “Brics”, un insieme di Stati che rappresentano le grandi potenze economiche mondiali. Tuttavia spesso tale posizione non giova alle popolazioni locali: latifondisti e grandi imprenditori sfruttano il territorio per attività come agro business, estrazione mineraria, deforestazione e turismo, senza rispettare la cultura dei locali.
Nasce in questo contesto il CONAQ, Coordinamento Nazionale delle Comunità Nere Rurali Quilombolas. Il Quilombolas è un movimento di resistenza collettiva, organizzata, pacifica e soprattutto fondata sull’informazione, necessaria per contrastare la subordinazione politica attuata dal governo. Infatti è necessario sapere che detenere il controllo su un territorio significa poterne trarre un guadagno. I Quilombolo rivendicano i diritti sui territori che solo teoricamente sono di loro proprietà, ma che in concreto non vengono tutelati, subendo così continue violenze e discriminazioni culturali e religiose.
L’autrice ha continuato riportando alcuni racconti tramandati da sua nonna: da piccola le raccontava storie sul loro popolo e così le ha insegnato il coraggio, ma soprattutto le ha trasmesso il senso di appartenenza culturale e il valore delle tradizioni, per permetterle di trovare la propria identità attraverso il loro passato. Da questi insegnamenti nasce l’esigenza di rappresentare la comunità di donne a cui appartiene: è infatti un’artigiana, produce gioielli con l’erba dorata ed è molto fiera dell’indipendenza che il suo lavoro le garantisce. Molte donne che, come lei, sentono il bisogno di una rivincita, si sono riunite in sindacati per l’aiuto delle minoranze non tutelate, sino a raggiungere oggi un alto numero di sostenitori.
“In quali modalità si concretizza la vostra resistenza?” chiede il relatore Edoardo Vigna. “Resistenza significa sopravvivere, perché vivere vuol dire poter parlare e quindi denunciare” è la risposta della Ribeiro de Sousa: un’affermazione che sembra essere una banalità, ma che in realtà dimostra come spesso la più grande difficoltà da superare sia proprio la paura. L’ospite dichiara, commossa, che spesso si è sentita in pericolo e bersaglio di esponenti politici ma che, se oggi è nelle condizioni di poter parlare al pubblico del Festival e di testimoniare la propria lotta, è perché la paura del presente la spinge a desiderare un futuro migliore per il proprio figlio e per tutti gli abitanti del Brasile, perché “Noi siamo l’inizio, la fine e l’inizio”.