C’era una volta il PCI, una sinistra organizzata, viva, radicata nelle comunità, nei quartieri, nelle fabbriche, nelle scuole. Si manifestava, si discuteva, si costruivano progetti politici che duravano anni. Oggi accade qualcosa di diverso: tanti giovani che manifestano non votano o non si riconoscono nelle forze di sinistra. Per questo è importante capire cosa si può imparare dal passato per pensare un futuro che non sia una sua replica nostalgica, ma un’alternativa concreta.
Ne hanno parlato, moderati da Luciana Cimino giornalista del Manifesto, Claudio Caprara, autore di Fischiava il vento, e Walter Dondi, l’unico giornalista di turno nella redazione bolognese dell’Unità il 12 novembre 1989 e perciò il primo a dare la notizia che il Partito Comunista Italiano avrebbe cambiato nome: una giornata memorabile raccontata nel suo libro L’ultima domenica del PCI.
Nel corso del secolo scorso, fino agli anni ‘80/‘90, la politica della sinistra italiana era caratterizzata da un’ organizzazione territoriale: sezioni di partito, circoli, sedi locali dove ci si incontrava. C’erano riunioni, assemblee, gruppi di studio, feste dell’Unità, discussioni accese di idee e programmi. La militanza giovanile era precoce, ragazze e ragazzi che, anche a soli tredici anni, si avvicinavano ai movimenti socialisti e comunisti.
Adesso però i tempi sono cambiati: il comunismo è morto, dice Dondi. Insomma: ieri esisteva un tessuto politico forte, strutturato, con identità e senso del progetto; oggi, invece, il panorama è assai diverso. Le ragioni sono svariate: le modalità con cui i giovani interagiscono con la politica sono largamente personali, ma soprattutto legate al digitale e frammentate. Inoltre l’assenza di una comunità politica concreta si traduce in poche occasioni di incontro fisico significative, tanto che manifestare diventa un gesto, un segnale, ma non sempre si traduce in una proposta concreta e in un impegno continuo.
Infine, c’è una questione cruciale: questi giovani che rischiano, che si espongono, perché lo fanno se spesso alla fine sono inclini all’astensione dal voto? Se la sinistra si ponesse questa domanda alcune delle risposte sarebbero già evidenti. Innanzitutto mancano progetti politici credibili: le forze politiche di sinistra sembrano spesso ristrette a temi sociali “scontati” oppure a battaglie di comunicazione, ma faticano ad avere una visione che parli alla vita quotidiana dei giovani. Si resta così spesso radicati al passato, al posto di guardare fuori, di riconoscere i cambiamenti della società e trovare nuovi linguaggi e nuove forme.
Luciana Cimino chiede dunque a Dondi e Caprara: “cosa si può prendere dell’organizzazione del PCI di buono da applicare all’Italia di oggi?”
Caprara risponde: “Non vogliamo tornare indietro, perché il mondo è cambiato. Non vogliamo che la sinistra torni a essere com’era, perché molti aspetti di quel passato non sono più riproducibili”.
La storia ci ha insegnato che le grandi conquiste non sono cadute dal cielo, ma sono frutto di lotte, di organizzazioni e di idee che parlano non solo agli intenti ma alle persone in carne ed ossa.
E oggi è più importante che mai che questa rabbia, questa speranza, trovino un luogo politico che non sia immaginario, ma reale. Una politica che sappia unire la manifestazione con la proposta, il sentimento con l’organizzazione, il sogno con il progetto.