Cina in cinese si dice “Zhongguo” e significa “stato centrale”, è davvero così? Cos’è cambiato negli ultimi decenni e com’è cambiato il nostro pensiero su una terra e un popolo così lontano? e quest’ultimo quali traumi ha dovuto affrontare?
Questo ed altro sono stati i temi di riflessione che nella serata di venerdì 3 ottobre sono stati affrontati al Festival Internazionale a Ferrara dalla corrispondente britannica Tania Branigan e dalla sinologa e giornalista Giada Messetti, intervistate dall’editor della sezione “Asia e Pacifico” del settimanale Junko Terao.
Effettivamente per i cinesi la Cina è al centro del mondo, narrazione questa promossa dai notiziari che hanno una grande presa su un popolo già animato da un forte spirito patriottico. Nonostante il modello cinese abbia permesso alla Cina di crescere economicamente a “velocità supersonica”, eguagliando in 15 anni ciò che la Rivoluzione industriale ha raggiunto in 150, iniziano a manifestarsi i primi problemi.
Se in passato fare famiglia era un obbligo sociale verso le donne, oggi lo stigma di “sheng nu” (letteralmente “donna scarto” ovvero senza marito e figli), è stato superato grazie ad una presa di coscienza da parte delle stesse; questo cambiamento ha portato una maggiore libertà di scelta, che insieme ad un caro prezzi soffocante determina una tendenza ad avere meno figli. La bassa natalità favorisce l’invecchiamento della popolazione: gli over-60 saranno circa un terzo dei cinesi (400 milioni di persone) entro il 2035.
Ciò genera nei giovani una sfiducia nel futuro, che però non chiama in causa il Partito Comunista Cinese, finché questo assicura una stabilità generale. È questo il patto non scritto tra Cina e cinesi: in cambio di alcune libertà personali il Partito garantisce il bene comune, che anche per i cittadini è superiore a quello del singolo.
Per Tania Branigan “la storia è un’arma per giustificare l’enorme potere del governo”: infatti il Partito si presenta come liberatore dall’influenza britannica, dall’occupazione giapponese e condanna la Rivoluzione Culturale come un grande errore di Mao Zedong, errore che va nascosto e dimenticato. I giovani, difatti, non conoscono pressoché nulla dell’era del Libretto Rosso, sia perché non viene insegnata loro a scuola, sia perché chi l’ha vissuta non ne parla come forma di protezione da un trauma generazionale. Ciò non significa che i giovani non si ribellino al modello proposto dal Partito (che prevede anni di studio in preparazione a una vita lavorativa incessante per sostenere la famiglia): il fenomeno degli “Sdraiati”, ovvero gruppi che manifestano apertamente un disinteresse nei confronti della tradizionale corsa al successo e all’ambizione professionale, sta prendendo sempre più piede, tanto che sarà materia di discussione tra i vertici del partito per la definizione del Piano Quinquennale il prossimo 20 ottobre.
Il Partito teme fortemente che le proteste contro il proprio operato portino all’anarchia per cui prima le soffoca con ferocia ma poi ne accoglie le istanze in nome del bene comune garantito dal Patto. Gli eventi accaduti durante la politica zero-covid (lockdown totale solo per gli infetti) sono un esempio di ciò: le rivolte sono state soffocate in una sola notte, ma in una sola settimana sono state eliminate tutte le restrizioni nell’intero Paese.
Proprio questa è l’immagine diffusa a Occidente della Cina: un forte accentramento politico da parte del leader Xi Jinping, che ci porta a prendere le distanze da un mondo così lontano fisicamente e culturalmente. Pertanto Giada Messetti parla di un’ “empatia informata”, che può nascere solo dall’interesse e dalla ricerca di informazioni, quindi non immediata. I cinesi venivano considerati, infatti, i responsabili della pandemia, quando in realtà ne erano vittime tanto quanto noi.
La Cina ha sempre avvertito questa forma di – come dice Messetti – “bullismo” e oggi attua una politica per il ritorno dello Stato al centro del mondo sostenuta da una narrativa che antepone il pragmatismo all’ideologismo: Pechino, infatti, sostiene solo retoricamente la causa palestinese, ma mantenendo la partnership economica con Israele.
La trattazione di Tania Branigan e Giada Messetti ha sicuramente ridotto le distanze tra “noi e loro” coinvolgendo pienamente il pubblico dell’Ex Teatro Verdi.