”La torre d’avorio” di Paola Barbato, presentato durante l’ultima giornata del Salone Internazionale del Libro di Torino 2025, edito da Neri Pozza, è un libro costituito da tre elementi: una patologia, un luogo e un fatto.
La patologia di Mara è l’aspetto centrale sul quale si articola la vicenda: la protagonista ha la sindrome di Munchhausen per procura, ossia la falsificazione o la produzione di sintomi di un disturbo fisico o psicologico in un’altra persona, in questo caso sua figlia.
La violenza, che è dunque fisica, è portata da una donna a danno di un’altra, da una madre a danno di sua figlia. Durante la conferenza l’autrice si è soffermata proprio su questo aspetto. Infatti, con questo libro, ha cercato di superare tabù ancora fortemente sentiti come la violenza inflitta dalle donne. Afferma che gli uomini sono sì spesso più propensi alla violenza, ma forse per il semplice fatto che le donne, avendo vissuto per secoli in un ambiente limitato e limitante, sono state costrette a sopprimere una loro possibile aggressività.
Dunque Paola Barbato, nello sviluppare il carattere e la personalità di Mara, ha dovuto gestire un personaggio molto complesso: normalmente, sostiene l’autrice, “se hai creato bene un personaggio tante cose vengono da sole perché semplicemente seguono una linea di coerenza”; tuttavia essendo Mara di per sé un personaggio molto incoerente, violenta contro le persone che ama seppure non avendone piena coscienza, ha riscontrata molta difficolta nella stesura del testo.