18 maggio 2025, Cronache, Salone del Libro 2025

Raccontare d’arte


Marta Pirulli, Bianca M. Pozzobon

Liceo V. Alfieri - Torino

La prima volta che Tracy Chevalier vede “La ragazza col turbante” di Vermeer si trova a casa di sua sorella: subito la colpiscono il giallo e il blu di questo semplice poster, ma ancora di più la cattura l’espressione non definita della ragazza. Inizia così il dialogo tra l’autrice del libro “La ragazza con l’orecchino di perla” con Melania Mazzucco, curatrice della sezione arte del Salone, tenutosi il 18 maggio nella sala Azzurra. 

Proprio lo sguardo della modella la spinge a chiedersi: “che cosa ha fatto il pittore per farsi guardare così?” Da qui l’idea di raccontare la relazione tra il pittore e il suo soggetto, seguendo non il punto di vista del maestro, ma dando voce alla ragazza. 

Il suo obiettivo era togliere dall’anonimato una serva, che se non fosse diventata la protagonista di uno dei quadri più famosi al mondo, sarebbe sparita dalla memoria collettiva. 

Il primo modo per ridare dignità a questa figura è immaginare per lei un nome. Chevalier ha scelto Griet, “tough and small” l’ha definito. In realtà il vero potenziale di questo si è rivelato solo in seguito all’incontro con un lettore: Griet è il diminutivo di Margaret, che in greco vuol dire perla. Così uno dei dettagli che l’aveva portata a scrivere il libro è tornato protagonista. 

Solo nel 2024 viene pubblicato un altro suo grande successo: “La maestra del vetro”. Ha voluto rappresentare quella bellezza sfuggente di Venezia, che le foto non riescono a catturare. La città viene messa al centro della storia di una famiglia attraverso i secoli. Nel romanzo il tempo assume però una dimensione del tutto innovativa: per narrare cinquecento anni di storia, l’autrice non si attiene al susseguirsi delle generazioni, ma cristallizza i personaggi, che godono allora della stessa eternità della città in cui vivono. 

Accompagnando il pubblico nei dettagli dei suoi libri, Tracy Chevalier decide di accennare infine alla nascita della sua passione per la scrittura. Ricorda della malattia della madre e delle ore passate in attesa e nella solitudine che le hanno permesso di scoprire la lettura. Così capisce che i libri sono la sua dimensione perché, come racconta: “I’m never done when I have a book”.

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