«Quando mi hanno chiesto di parlare, sarei voluto scappare» spiega Vito Fiorino, protagonista e coautore del libro Vito e gli altri (Mimesis 2025), raccontando la prima volta in cui gli è stato chiesto di rendere nota la sua storia. La sera del 3 ottobre 2013 Vito, pescatore per passione, si trovava per caso con sette amici a poche miglia dal porto di Lampedusa, dove avvenne il naufragio che quella notte coinvolse circa 500 migranti. Grazie al suo soccorso 47 persone furono salvate.
L’idea del libro, presentato oggi dall’autore al Salone del Libro di Torino 2025, nasce dalla coautrice Nicoletta Sala e dall’associazione Gariwo. Hanno spinto Fiorino, dopo cinque anni di silenzio, a diffondere pubblicamente la sua vicenda. Ciò diventerà poi la sua missione, tanto da portarlo ad abbandonare il suo lavoro, per dedicarsi a progetti di sensibilizzazione riguardo all’immigrazione: «Il mio sogno era ridare dignità a quelle 368 persone morte». Infatti Vito, con l’aiuto dei superstiti, è riuscito a restituire un nome alle vittime del naufragio, che fino ad allora erano state solo un numero.
In seguito al naufragio Vito e alcuni sopravvissuti, come racconta il migrante Solomon Asefa durante la conferenza, sono rimasti uniti da un forte legame, tanto da chiamare il loro salvatore “father”, papà.
Il libro non tratta solo la tragedia del 2013. Nel racconto è fondamentale anche la migrazione stessa di Fiorino da Bari a Milano, a causa del lavoro del padre. L’autore mette in evidenza il disagio di crescere tra gli stereotipi legati alla provenienza dal Meridione. La conferenza è arricchita dalle testimonianze degli attivisti Remon Karam e Leon Blanchaert. Tramite le parole delle persone che hanno vissuto questa realtà sulla loro pelle, emerge una forte critica nei confronti dell’indifferenza dello stato italiano sul tema.