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“Il corpo” non è solo un racconto, è uno specchio di quando avevamo tredici anni, o quattordici, o sedici, e qualcosa dentro di noi ha cominciato a spezzarsi senza far rumore. È la storia di un’estate in cui si parte per vedere qualcosa che non si dovrebbe vedere, e si torna sapendo qualcosa che non si può più dimenticare. Quattro ragazzi seguono i binari per trovare il corpo di un loro coetaneo scomparso, ma ciò che trovano, in fondo, è una parte di loro stessi. È il primo confronto vero con la morte. Non l’idea vaga e lontana, ma la morte reale, che ha un volto, un odore, una presenza muta che cambia tutto. È lì che finisce l’infanzia. E quando lo vedono, non festeggiano. Non si prendono il merito. Non lo usano. Lo lasciano, e con lui lasciano anche una parte di sé, quella che pensava che tutto sarebbe rimasto uguale per sempre. Il libro non urla, non spiega, ma racconta pianto. Cresce con il lettore mentre legge. Parla con la voce dei ragazzini, con le loro battute sporche, le parolacce. Eppure, in mezzo a quella confusione c’è una verità disarmante: che l’amicizia vera è fatta di spalle coperte, di silenzi condivisi, di dolori detti una sola volta, ma sentiti per sempre. C’è un momento in cui capisci che nessuno ti proteggerà. Nemmeno gli adulti. Nemmeno gli amici, forse. E che crescere è una cosa che devi fare da solo, come quando Gordie dice: “Non volevo piangere davanti a loro, ma volevo che qualcuno mi guardasse e capisse che stavo affogando.” Lì capisci che non si tratta più solo di loro. Sei tu a tredici anni, sei tu ora, sei tu ogni volta che hai avuto bisogno di essere visto per quello che eri, e nessuno l’ha fatto. “Il corpo” non è solo una storia che finisce. È una storia che resta. Una nostalgia viva, che brucia piano. Di quell’amicizia che credevi eterna. Di quell’estate che sembrava non finire mai. Di quella persona che eri prima di sapere davvero cos’era la morte. Di quella parte di te che hai lasciato lungo i binari, e che non tornerà più. “Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Dio, ma chi li ha?”