“Chiediamo ai giovani di crescere essendo se stessi a modo nostro”.
Lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini ci parla di giovani per parlarci della società e della società per dirci chi siano i giovani, oggi. E i giovani di oggi, come lo sono quelli della Direzione Futura che lo intervistano, il pomeriggio di 25 gennaio, sono a suo avviso molto diversi da quelli di dieci, venti, trenta anni fa. Perché diverso è il mondo che li circonda, un mondo in cui si cerca di rimuovere sempre più il dolore o solo spettacolarizzarlo.
I genitori sembrano dimenticare la complessità dell’adolescenza, che non è la tanto narrata “età dell’oro”, ma anzi un periodo di profondi, talvolta spaventosi, cambiamenti. Si chiede ai loro figli di non provare emozioni negative, come rabbia, tristezza, solitudine, ma di nasconderle e quindi celare una parte integrante del loro essere.
Ma non sono solo i genitori, anche le altre figure di riferimento di ragazze e ragazzi, come gli insegnanti e l’intero sistema scolastico, mettendo al centro il profitto finiscono per non considerare la specificità dell’alunno che si trovano davanti. E così ci si interfaccia sempre più con i numeri, invece che con le persone.
Lancini incoraggia allora a rimettere al centro l’apprendimento, la creatività e la comprensione, quella vera. Solo così si può contrastare l’abbandono scolastico, l’emarginazione e il disagio sociale.
Ma soprattutto rimarca sul valore della “relazione autentica” che deve esistere nel mondo della scuola, ma ancora di più deve esistere nella società al di fuori di essa. È dalla relazione che si può costruire la formazione, la cultura. Con la relazione possiamo chiedere aiuto, iniziare dialoghi e costruire un futuro che guarda e tutela la salute mentale di tutte e tutti.