Internazionale Ferrara 2024

Crociere: turismo di massa durante il cambiamento climatico


Gabriele Abu Kana, Ferruccio Culatti

L.Ariosto - Ferrara

Nell’ultima giornata del Festival Internazionale a Ferrara la fotogiornalista spagnola Berta Vicente Salas e il collega argentino Daniel Wizenberg, ospiti al Ridotto del Teatro Comunale, hanno presentato la loro inchiesta sull’impatto ambientale e culturale del turismo marittimo di crociera. Il nucleo della conferenza è stato il confronto tra due realtà diverse del traffico marittimo: il Mar Mediterraneo e l’Artico.

La loro indagine si è svolta inizialmente a bordo delle navi da crociera, prima su quelle della rotta Barcellona-Marsiglia-Genova-Palma e successivamente analizzando i cambiamenti delle condizioni di vita a Pond Inlet, un villaggio Inuit in Canada.

Sono stati passati in rassegna dati sconcertanti su questo business: le emissioni di biossido di zolfo prodotte da tutte le automobili d’Europa non raggiungono quelle rilasciate dalle navi da crociera. Gli effetti di questa contaminazione sono visibili sullo stesso territorio, che appare ricoperto da fuliggine nera. Questa polvere galleggia nelle piscine, colora di nero i muri delle case e, inevitabilmente, condiziona la qualità dell’aria. Soltanto nel 2023 sono stati venduti trenta milioni di biglietti per uno di questi viaggi promossi da compagnie che apparentemente sembrano italiane: solamente il brand e aspetti dell’area dirigenziale richiamano il nostro paese, in realtà queste aziende risiedono in paradisi fiscali come Svizzera e Lussemburgo, presentando il tricolore solo come una “bandiera di convenienza”. L’equipaggio a bordo delle navi è sottoposto a ritmi estenuanti: i lavoratori di queste grandi compagnie vengono per la maggior parte dai paesi del sud del mondo, in particolare dalle Filippine dove esistono scuole volte alla formazione di personale specializzato nel campo dell’intrattenimento. In realtà, queste persone sono chiamate a svolgere i compiti più svariati: è possibile che lo stesso ragazzo che all’inizio della vacanza ha esposto le norme di sicurezza della nave prenda gli ordini ai tavoli durante la cena. Ognuno è chiamato ad adempiere a più doveri e, di conseguenza, a più responsabilità, spinto dalla necessità di guadagnare. Tutto ciò è possibile grazie ai 41 miliardi di euro stanziati dall’UE per la costruzione di nuove imbarcazioni. L’Unione Europea non impone limitazioni alle compagnie, perché queste minacciano di spostare i propri cantieri in Asia dove la manodopera costa la metà. 

Salas e Wizenberg hanno deciso di esplorare le conseguenze di questo turismo anche in una parte del mondo diversa, meno contaminata e più fragile: l’Artico. Hanno documentato l’impatto ambientale e sociale di queste attività turistiche nella regione canadese del Nunavut, dopo un mese di ricerche e testimonianze con i locali; qui è situato il villaggio di Pond Inlet, che ospita una comunità Inuit di duemila persone. Prima del 1993, anno in cui è arrivata la prima nave da crociera, questa regione non conosceva turismo; dal 2013, invece, il villaggio ha visto un progressivo aumento degli sbarchi, dovuto al desiderio di visitare questa regione prima che sia troppo tardi: infatti è prevista la totale scomparsa dei iceberg in estate per il 2030. L’aumento delle temperature ha aperto a questi colossi del mare nuove rotte, prima percorribili per pochi giorni della stagione estiva che, per lo scioglimento dei ghiacci, è sempre più lunga. Il turismo navale è quindi conseguenza, ma al contempo causa del cambiamento climatico: i continui arrivi di navi, infatti, non fanno che accelerare il processo di scioglimento della calotta polare. Inoltre, un problema che impatta più direttamente sulla popolazione è l’inquinamento acustico dovuto alle navi merci che esportano ferro estratto dalle miniere di proprietà delle multinazionali europee. Questo underwater noise pollution rende più complicata la pesca di mammiferi marini che, spaventati dalla propagazione del suono (più veloce in acque fredde e cristalline), si allontanano dalle coste inuit. La comunità di Pond Inlet dipende ancora dalla pesca e dalla caccia, in quanto gli introiti provenienti dalle attività turistiche, come la rappresentazione di giochi e canti tipici della cultura inuit, sono insufficienti per pagare i prodotti importati dagli USA e Canada.

Il tratto culturale di queste popolazioni diventa una mera performance volta a intrattenere i visitatori stranieri per quelle poche ore che passano nel villaggio, ma allo stesso tempo permettono di trasmettere aspetti della propria tradizione ai giovani che andrebbero altrimenti a dimenticare parte della loro antica identità.

Da questa conferenza sono dunque sorte diverse domande ancora aperte: il turismo è una fonte di denaro potenzialmente enorme, è giusto sfruttarla fino al completo esaurimento delle risorse ambientali? Visitare ogni angolo della terra è un diritto per ciascuno di noi, fino a che punto possiamo farlo senza nuocere al nostro pianeta? Questo diritto prescinde dalla sicurezza dell’ambiente?

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