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Il romanzo mi è piaciuto per la natura complessa e travagliata dei personaggi che alternano e intrecciano pazzia, disperazione e rancore con l’amore, la passione e la fedeltà ai propri sentimenti.
Sono molti i comportamenti dei personaggi, di Catherine ma soprattutto di Heathcliff, che posso definire contraddittori.
Delle parti che mi sono più piaciute, e che evidenziano queste contraddizioni dettate dal conflitto che vive chi è troppo preso dall’ossessione d’amore e dal rancore c’è quella in cui Heathcliff dice a Catherine, ormai in punto di morte,“Ti perdono per quello che mi hai fatto. Io amo chi mi ha ucciso, ma come posso amare chi ha assassinato te”.
Dopo la morte della sua amata, sentiamo Heathcliff delirare: “…Catherine Earnshaw, che tu non possa riposare in pace finché io vivo! Hai detto che ti avevo uccisa; e allora vieni a tormentarmi! Le vittime lo devono fare, con i loro assassini! Io credo… io so che di spiriti vaganti sulla Terra ce ne sono stati! Resta con me, per sempre; prendi qualunque forma; fammi impazzire! Ma non lasciarmi in questo abisso, dove non posso trovarti! Oh Dio, è orribile! Non posso vivere senza la mia vita! Non posso vivere senza la mia anima!”
Trovo Heathcliff un personaggio complesso e ben costruito nella sua complessità; mi chiedo come possa amare ed odiare allo stesso tempo la persona che ha amato e come abbia fatto a perdersi così tanto nella sua ossessione.
Ma come siamo arrivati a questo? Se Heathcliff avesse ascoltato tutto il discorso di Catherine in cui diceva “… lui è me stessa più di quanto lo sia io. Di qualunque cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono uguali” e non solo la parte in cui diceva che sarebbe stato degradante per lei sposarlo, avrebbe attuato la sua vendetta? Se ne sarebbe andato comunque? Avrebbero vissuto una bella vita felice assieme? Questo non sembra essere il tipo di storia che possa piacere all’autrice, e sinceramente non sarebbe piaciuta neanche a me.