“Come ci sentiremmo se dovessimo rinunciare ai nostri beni? A banali oggetti che incontrando la nostra vita si arricchiscono di significato, custodiscono ricordi, tempi felici, amori e dispiaceri?” È questo quello che ci siamo chiesti oggi, 22 maggio, durante il laboratorio tenutosi nell’Area del Bookstock. Questo progetto è sostenuto dalla Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo e il Museo Nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah-MEIS.
“Cos’è la casa per te?” Per Amalia casa sono le persone e se potesse scegliere degli oggetti da portare con sé sarebbero il suo criceto, i suoi peluche e un sua foto, Riccardo invece ritiene che gli oggetti a cui è più affezionato sono due libri e il pupazzo di Scooby-doo. Casa però per tutte le persone che hanno partecipato a questo laboratorio è sicuramente un luogo dove si può essere sé stessi e sentirsi al sicuro, protetti. Ci sono diversi tipi di abitazione: grattacieli, case a due piani, appartamenti, roulette, capanne, ma ciò che accomuna tutte queste è il senso di appartenenza che attribuiscono le persone che ci vivono.
Abbiamo riflettuto a lungo sull’importanza della “casa” e delle emozioni ad essa collegate, ma nella storia, durante il nazismo, gli Ebrei hanno dovuto abbandonare e dimenticare molte volte tutto ciò. Sono stati costretti a lasciare indietro ricordi, oggetti, averi e cercare di ripararsi in un posto a loro sconosciuto, che per loro casa non era. Apprezziamo le nostre case, intese come persone, luoghi, memorie, anche per coloro che non hanno potuto sperimentare ciò.