“Scrivere consente un’enorme libertà: ti trovi in un luogo dove puoi sovvertire la realtà che ci circonda comprendendola in modo obliquo.”
Falsa guerra è il titolo del libro e, allo stesso tempo dell’evento tenutosi al Festival di Internazionale a Ferrara 2022, dove a parlare è stato lo scrittore ed autore Carlos Manuel Álvarez intervistato dall’editor per l’America Latina, Camilla Desideri.
Falsa Guerra però non è solo un libro, ma un vero e proprio romanzo corale, polifonico, dove le storie dei personaggi si intrecciano, si perdono e finiscono col ritrovarsi.
Proponendosi come “mezzo per esplorare e comprendere l’esilio, nella sua accezione più attuale”, racconta di Cuba, di tante altre città e soprattutto delle vite che le hanno attraversate. Tutti i personaggi, condividendo lo stesso suolo, si incrociano per la strada e diventano co-protagonisti delle vite altrui, senza nemmeno rendersene conto. Si danno le spalle, credono di essere soli nel deserto, non riescono a vedersi, anche quando la mappa geografica della loro localizzazione li mostra molto più vicini e interconnessi di quanto credano.
L’autore, ricongiungendosi alla propria esperienza personale di esiliato politico, lascia quindi in eredità ai suoi personaggi l’esilio stesso. Non un esilio radicale, quanto piuttosto del tempo, che conduce lentamente a perdere la propria terra, privo di una soluzione individuale, tanto da indurre ad aggrapparsi ad un’epoca a cui si è estranei e che si sente ostile.
Ancora una volta viene ribadito come esistano esperienze che prescindono dal luogo in cui si svolgono, capaci di accomunare indiscriminatamente chiunque le viva. Álvarez infatti, nel testo del suo romanzo, non si preoccupa di differenziare le città che descrive, rendendo talvolta difficile riconoscere i luoghi nei quali le vicende sono ambientale. In questo modo, non pratica un semplice esercizio di stile, ma compie un atto di dissidenza nei confronti di un mercato che vuole la parcellizzazione, il rispetto di uno schema immobilizzante. Rifiuta così uno sguardo fisso, lasciando piena libertà al lettore di osservare e di vivere la storia, parola dopo parola. È stato infine sottolineato come esista un momento in cui si diventa consapevoli che l’esilio può non essere semplicemente quello da un luogo, ma da ciò che più ci identifica, le parole. Si innesta così un gioco sulla possibilità o meno di allontanarsi dal linguaggio, dalla parola stessa, tentando di scappare da qualcosa che in realtà, si trova innegabilmente dentro di noi.
Falsa guerra, racconta quindi di un limbo, di un eterno galleggiare tra presente e futuro, tra senso di appartenenza ed esclusione, dove rimanendo paralizzati, si perde qualsiasi possibilità di uscire da un mondo a cui, non apparterremo mai completamente.