Il 14 settembre 2022 ha preso inizio il Festival di Pordenonelegge che ha ospitato nell’elegante Teatro Verdi le voci di Radka Denemarková (di nazionalità ceca) e Silvia Avallone, due note scrittrici che, intervistate da Alessandro Catalano, si sono confrontate sull’importanza della letteratura in Europa in questo complicato periodo e sul, a tratti simile, contenuto delle loro opere letterarie.
La serata ha avuto inizio con l’inaugurazione ufficiale, dove si sono susseguiti gli interventi del presidente della fondazione di Pordenonelegge Michelangelo Agrusti, il sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani, il Console Onorario del nord-est italiano Paolo Petiziol e il governatore dell’FVG Massimiliano Fedriga. Nelle loro parole, oltre ai calorosi ringraziamenti, sono state presenti delle riflessioni inerenti all’importanza della cultura (che simboleggia anche libertà) in Italia come nel Centro-Europa e la sua capacità di soccorrere e fungere da terapia all’intera popolazione durante questo periodo di forte crisi e preoccupazione. Le autorità hanno posto inoltre l’accento sulla forza e unità dimostrata dal team di Pordenonelegge dopo due anni così negativi, complimentandosi per la diffusione a livello internazionale del festival, valorizzando il limitato ma energico territorio da cui tutto ha avuto inizio.
Successivamente, la seconda parte dell’incontro è stata dedicata alle scrittrici. L’intervento ha avuto inizio con le loro personali riflessioni, con numerosi punti in comune, sul potere della letteratura ai giorni nostri. Silvia Avallone spiega come per lei “letteratura” significhi uscire da sé stessi e entrare nel mondo e nel modo di pensare di altre persone; il termine assume anche un valore molto amato dalla scrittrice, ovvero quello di solidarietà: si instaura infatti un principio di aiuto reciproco tra emarginati (che ci liberano dalla nostra “gabbia” facendoci venire a contatto con il loro punto di vista) e noi tutti, che diamo loro la voce e importanza talvolta essi vengano trascurati. Il concetto di valorizzare tutti quei talenti che non hanno la possibilità di esprimersi (ad esempio, facenti parte di un regime dittatoriale, ma anche individui rimasti paralizzati dalle continue tragedie o dalla disinformazione e fake news) si ritrova anche nella risposta di Radka Denemarková: per lei la letteratura assume una funzione salvifica per la vita di queste persone, ma in generale per mondo intero. Quello che ha sottolineato la scrittrice è che non siamo noi a decidere di scrivere, ma è il talento che sceglie la nostra persona: quello su cui dobbiamo fare attenzione è avere la giusta empatia per entrare nella vita delle persone e metterle in guardia dalle malattie della nostra epoca e continuare a scrivere se ne abbiamo il piacere, anche se nessuno ci ascolta.
Altra questione discussa durante la serata è stata l’idea di “Europa” maturata negli anni per le due scrittrici. Avallone esordisce con: “Cosa sarei io senza i romanzi europei?” facendo intendere immediatamente al pubblico il suo punto di vista e l’importanza che fin da ragazza ha attribuito alla cultura del suo Continente. Fino al fatidico 24 febbraio, la scrittrice dava per assodato che l’Europa fosse un posto sicuro, un “luogo della pace” che nei secoli ha imparato dai propri errori, giungendo alla conclusione che non c’è progresso utilizzando la violenza. Dopo lo scoppio della guerra però ha dovuto ricredersi, urlando a gran voce di esigere un mondo senza muri (traendo esempio dall’utopia, dal sogno e dallo slancio speranzoso della letteratura), dove si legge e si studia la storia, e dove alla base della politica vi sia empatia nei confronti dei cittadini. Avvalendosi di un pensiero di Elsa Morante, Silvia Avallone si ritiene d’accordo sulla questione secondo cui la “Storia con la S maiuscola” ha trattato nei secoli solo di guerre, vittime e confini invalicabili, calpestando la “storia con la s minuscola”, rappresentata dalle persone, talvolta poi salvate dalla letteratura. La storia vera infatti, l’hanno fatta le persone che hanno reso umano il mondo. Secondo la scrittrice ceca invece, l’apparente svantaggio di non avere lingue e culture in comune in Europa è ciò in cui risiede la ricchezza del nostro territorio. Coloro che hanno deciso di iniziare a combattere, si sono dimenticati di ciò che accadde nel XX° secolo: Radka critica la politica attuale per aver ridotto la democrazia in business e per l’incapacità di renderci indipendenti dai grandi regimi e imperi. Persone provenienti da paesi più autoritari sognano di vivere in Europa per avere la democrazia e dovremmo imparare a renderci conto e valorizzare questa importante caratteristica che ci unisce.
Le due autrici hanno da sempre una forte presenza nel trattamento di temi delicati come il rapporto tra la donna e l’uomo e ciò che la società si aspetta da loro. Nella sua risposta Silvia Avallone precisa quanto l’uomo e la donna dovrebbero essere considerarti allo stello livello, per esempio per quanto riguarda la famiglia, ma che questo non accade nella società odierna, dove si tende a costringere la donna, attraverso messaggi impliciti che lei riceve sin da bambina, a classificarsi in due categorie: “prima e dopo i figli”. Infatti la donna prima deve interpretare il ruolo di un attraente trofeo da conquistare e dopo i figli quello di un’attenta nutrice, pronta a sacrificare qualunque cosa per la loro felicità. Al contrario, dalla stessa società, l’uomo viene privato di un contatto con i figli (ad esempio negando loro il congedo) e della libertà di esprimere emozioni e connettersi con la famiglia, che analogamente al modello di istruzione usato per la donna, porta l’uomo a dare priorità al lavoro e al guadagno, alle conquiste e al potere, facendo venir meno il nido familiare, che secondo l’autrice, non solo per i bambini ma anche per gli adulti che ne fanno parte, dovrebbe rappresentare un luogo sicuro, uno schermo, in grado di preparare e proteggere dal il mondo esterno, che a volte può spaventare anche i più grandi. Radka Denemarkovà invece sceglie una linea di risposta più diretta: nelle sue parole esprime la forte volontà di rappresentare tutte le donne che nel corso della storia non hanno avuto voce in capitolo, che hanno attraversato conflitti mondiali e mille angherie in un mondo di uomini e che sono finalmente libere di affermarsi. Per gli uomini Radka ha una sola parola: rispetto, che esprime con un gesto plateale: mostra un palloncino da poco regalatole a forma di R, che prende però un altro significato oltre alla lettera del suo nome. Rispetto che le donne provano nei loro confronti e che si aspettano in ogni momento di ricevere a loro volta, in egual misura.
L’intervista si conclude con un’ultima domanda sulla realtà dei confini fisici dell’Europa e come essi possano essere superati, e Ravka non ha dubbi: è la letteratura che come permette di capirci in ogni lingua, pensiero e intenzione, ci permetterà di andare oltre le ferite delle guerre che ancora bruciano l’Europa e permetteranno di unirci nonostante le diversità.
Bel lavoro. L’ho a mia volta commentato qui: http://www.storiastoriepn.it/per-quanto-pordenonelegge-ra-ancora/#comment-61642, come buona pratica giornalistica, a differenza dell’indegna sceneggiata sindacale.