Cronache, Internazionale Ferrara 2024

Umanità e prigione: storie del conflitto israelo-palestinese


Abigail Omoh, Abramo Zampini

Liceo L. Ariosto - Ferrara

“L’odio è soltanto uno spreco di energia”. Con queste parole è iniziato l’incontro, tenutosi il 5 ottobre presso il circolo Arci Bolognesi al Festival di Internazionale 2024, che ha visto dialogare la giornalista e editor della sezione Medio Oriente di Internazionale Francesca Gnetti con le traduttrici Elisabetta Bartuli e Barbara Teresi, sui libri Il racconto di un muro, (Feltrinelli 2024), di Nasser Abu Srour e Una maschera color del cielo, (Edizioni e/o 2024), di Bassem Khandaqji.
Entrambi i testi si propongono di rappresentare l’attualità israelo-palestinese da due punti di vista diversi. Il primo racconta la vita dei palestinesi nelle carceri israeliane, il secondo la vera natura delle relazioni fra i due popoli.
I due autori condividono un’esperienza comune nei penitenziari, fatta di lunghi periodi di solitudine, intervallati dalle rare e brevi visite dei famigliari, della durata di soli quarantacinque minuti, concesse una volta al mese. In questi brevi attimi, i prigionieri che studiavano potevano ricevere libri dall’esterno, dove i famigliari nascondevano lettere, fogli o scrivevano tra le righe informazioni sulla situazione esterne. Grazie a queste, i due scrittori sono riusciti a completare i loro libri.
Nonostante questo raccontano il conflitto tramite due scelte letterarie distinte: Srour decide invece di comporre un’autobiografia sulla propria esperienza in prigione. Lo scrittore palestinese è stato arrestato nel 1993 e condannato all’ergastolo in seguito alla sua partecipazione alla prima Intifada del 1987 dove, secondo le autorità, ha ucciso un membro dell’intelligence israeliana. Durante la detenzione è riuscito a completare l’ultimo semestre di una laurea in inglese presso l’Università di Betlemme e ha ottenuto un master in scienze politiche presso l’Università di Al-Quds. Come ha evidenziato Barbara Teresi nella stesura del suo libro: “Nasser riesce ad essere in qualche modo universale e micro particolare“. Il lettore è a suo agio in un mondo che non gli appartiene: la piccola cella di un carcere a migliaia di chilometri da lui.
Khandaqji opta, invece, per un romanzo con tratti saggistici, poiché diluisce nella fiction i principi della causa palestinese e il rapporto tra colonizzatore e colonizzati. Il protagonista Nur, dopo aver trovato in un cappotto un documento israeliano, ruba l’identità del proprietario. Ciò gli permette di spostarsi liberamente all’interno del paese e completare gli studi per il suo libro su Maria Maddalena. Il furto di questa identità scatena in Nur un dialogo schizofrenico con Ur, suo alter ego ebreo. Da questo dialogo si sviluppano importanti riflessioni sul conflitto tra i due popoli che nasce dalla paura degli ebrei dell’umanità dei palestinesi.
“Ur non riconosce l’umanità di Nur e non vuole perché ha paura di questa presenza che è l’identità palestinese”.
Con questa citazione del libro di Khandaqji, si è concluso l’evento ribadendo la mancanza di umanità del popolo ebraico verso quello palestinese, che causa un conflitto che non accenna a cessare.

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