Cronache, Salone del Libro 2023

Tre Ciotole: il senso della vita


Mariasole Ariagno, Fabio Alessandria

Liceo Alfieri - Torino

Il 19 maggio, a partire dal commento del suo nuovo libro Tre ciotole e dalle vicende personali strettamente collegate, Michela Murgia ha parlato e spaziato attraverso i temi più svariati, sempre accomunati da uno stesso filo conduttore: il rapporto con la sofferenza. “Non è un romanzo, ma un insieme di racconti intrecciati l’un l’altro” ha spiegato l’autrice, specificando poi che il protagonista di ogni racconto è alle prese con problemi o disgrazie, che cerca in diversi modi di arginare. Sono esempi di vita quotidiana, condizionata da lockdown e pandemia, in cui un po’ tutti possiamo riconoscerci. Dalla donna incinta, impegnata in una gestazione per altri anche se odia i bambini – per ribadire come la gravidanza e la maternità non siano la stessa cosa – alla signora in menopausa, impossibilitata nel comunicare il suo disagio alla famiglia, che trova una consolazione nei BTS (gruppo musicale pop della Corea del Sud), fino al racconto da cui prende il nome il libro, Tre ciotole . Anche in questo caso le tre ciotole sono simboliche: una donna sofferente per la fine di un amore non riesce a mangiare senza vomitare. Decide quindi di ribellarsi alle convenzioni legate al cibo – e astraendo alle imposizioni sociali – cominciando a mangiare con tre ciotole. “Per ribellarsi torna a 3 essenziali ciotole di cibo, da distribuire come vuole durante la giornata. Non di più, perché ingrassa; non di meno perché dimagrisce. L’”essenziale”. Un toccante racconto quasi autobiografico, in cui la sofferenza amorosa rappresenta la sua scoperta del cancro. Quest’ultimo un tema affrontato dalla scrittrice con disinvoltura. “Adesso mi sento libera di esaudire ogni mio sogno” ha dichiarato durante l’intervista, “Ma non aspettate di avere un cancro come me per fare lo stesso”.

Ma è commentando l’ultimo racconto che Michela Murgia ha potuto spiegarsi e raccontarsi, parlando meglio di sé, della sua malattia e della sua queer family. Trasmetteva una ferma serenità quando descriveva il tema del racconto: una festa a casa sua con 50 vestiti appesi. Il significato c’è ed è forte. “Uno dei momenti più brutti durante il lutto è quello dello svuotamento dell’armadio” ha detto, “Per questo ho deciso, a giugno dell’anno scorso, di organizzare una festa per regalare 50 dei miei vestiti alle persone a cui voglio bene, alla mia famiglia, per evitare loro questo futuro momento di sofferenza”.

Perché ormai da qualche settimana Michela Murgia sta raccontando la sua famiglia, una queer family, basata sull’amore reciproco e svincolata dal “modello civico tradizionale”: una famiglia veramente scelta. Una coraggiosa scelta di lotta politica che mira a normalizzare un altro prototipo di nucleo familiare. “In democrazia non dovrebbe essere un atto di coraggio vivere la propria vita ed esprimere la propria opinione” ha detto la scrittrice. “Per fortuna è stata una decisione collettiva, condivisa da tutti i membri della famiglia”. Proprio attraverso le sue esperienze e quelle dei suoi familiari, ha spiegato la scrittrice, è riuscita a costruire il suo ultimo “romanzo”.

È in definitiva l’amore il principale messaggio lanciato da Michela Murgia e l’ha lanciato con una sincerità tale da rendere impossibile non commuoversi. Ed è stato proprio con questo sentimento che il pubblico l’ha investita di grida e lunghi applausi.

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