
Durante la giornata inaugurale dell’ottava edizione del Festival del Classico, dedicato all’Oikonomia ed alla Plutocrazia (sì, sono termini antichi e complessi, ma potete trovarne una spiegazione qui) nell’aula magna del Politecnico di Torino i ragazzi del Gruppo di lettura del Bookstock del Salone internazionale del libro hanno dialogato con lo storico Alessandro Barbero, a partire dall’ultimo libro dello storico piemontese, dedicato a San Francesco. Un uomo che, con il suo messaggio di povertà e uguaglianza, è ancora attuale nel mondo di oggi, segnato dalle disuguaglianze economiche, dove la ricerca del successo personale prevale sul senso di comunità.
Sul palco c’erano Francesca Tassini, Federica Visentin e Andrea Alberti (sì, sono io che scrivo). La conversazione si è aperta da uno spunto particolare: quanti “San Francesco” conosciamo? Quali interpretazioni della sua vita consideriamo veritiere, e quali dubbie? È stato un rivoluzionario o un tradizionalista? Possiamo considerarlo animalista o magari addirittura anti-specista? (Spoiler: no, non possiamo). Era un pacifista? Teneva al dialogo inter-religioso? Ce l’aveva coi ricchi, era quindi un anti-capitalista?
Questa confusione nasce dal fatto che la figura che tutti crediamo di conoscere è in realtà il frutto di racconti nei quali ogni autore ha ritratto la parte di Francesco che più si avvicinava alla sua causa. Ci sono tanti Francesco, insomma, quanti sono gli autori che hanno provato a raccontarlo, santificarlo, imitarlo. Ha cominciato Tommaso da Celano, uno dei primi biografi del frate, ponendo l’accento sulla sua vita povera e umile, in una critica piuttosto evidente al lusso che circondava l’Ordine ai suoi tempi.
Dunque, perché è così semplice dare letture della sua storia di San Francesco così differenti? Secondo il professor Barbero, gioca un ruolo fondamentale la quasi assenza totale di scritti autografi di Francesco, eccezion fatta per il suo Testamento e per alcune lettere. In questa situazione nascono i tanti ritratti del santo; come il Francesco pacifista, un uomo che, tuttavia, come sottolineato dal professor Barbero, pur odiando la guerra, non condannava certo chi la praticava, come dimostra il suo sostegno ai crociati in Egitto. Oppure l’immagine di un Francesco ambientalista ed animalista, tratti del tutto anacronistici per l’epoca, quando ogni cristiano si considerava l’immagine stessa di Dio, e il centro del creato.

“San Francesco” è un libro scritto con l’obiettivo di raggiungere il grande pubblico e per questo adotta un linguaggio intuitivo, che rinuncia ai complessi termini tecnici del settore. In questo senso segue la lezione di Francesco, «che evitò sempre di parlare difficile», come riportano i suoi biografi. In un mondo dove i teologi più importanti della Chiesa si misuravano in base alla loro conoscenza delle Sacre scritture, Francesco si mosse in direzione opposta: parlava in maniera semplice, ma allo stesso tempo riusciva a catturare il cuore di chi lo ascoltava. Alessandro Barbero ha spiegato come questa fosse, ancor prima di una scelta strategica, una caratteristica derivata dalla sua scarsa istruzione. Francesco infatti, sapeva leggere, ma non riusciva bene a scrivere, soprattutto in latino.
L’altra grande lezione di Francesco è quella sulla povertà, che seguiva con assoluto rigore. Fu una scelta che portò avanti per tutta la vita, anche dopo essersi trovato di fronte alla decadenza morale del suo Ordine. Ma, come evidenziato dal professor Barbero, se agli inizi riusciva a guidare i suoi compagni, dopo essersi scontrato con le resistenze dei frati e con i suoi ministri generali, si rassegnò, e decise di fare della sua stessa vita un esempio da seguire, piuttosto che parlare ancora. Infatti, a dire il vero, Francesco non fu mai un rivoluzionario.
Alessandro Barbero ha descritto la società medievale, rigidamente divisa tra i ceti ricchi, che pregavano e combattevano, e quelli poveri, che lavoravano. Una società tenuta in piedi grazie alla promessa di un’uguaglianza nell’aldilà. Ha spiegato come Francesco, in verità, non abbia fatto nulla per cambiare una simile situazione, ma si sia limitato a schierarsi dalla parte dei più umili. Dopotutto, nella sua eredità spirituale, il Testamento, egli ha lasciato scritto per i frati l’obbligo di sottomettersi e rispettare le gerarchie ecclesiastiche, lodandoli ed evitando di intralciare il loro operato.

La vera innovazione di Francesco non è quindi quella di essere antesignano delle nostre battaglie, ma quella di aver testimoniato in prima persona, senza imposizioni ad altri, un modo diverso di vivere e di leggere e interpretare le Sacre Scritture e i precetti evangelici. Un messaggio fondato su umiltà, povertà ed uguaglianza che, ancora oggi, a quasi ottocento anni dalla morte del santo, è ancora attuale.
Se i “Francesco possibili” sono tanti, di professor Barbero ce n’è uno solo: e la passione di tutte e tutti gli studenti radunati ad ascoltarlo, accalcati per salutarlo, scambiare due parole, stringere la mano al loro idolo, ne è la testimonianza. Un inizio col botto, insomma, tra passato e attualità, tra i tanti Francesco e il solo e inimitabile Barbero, per questa nuova edizione del Festival del Classico!
