Per la rubrica “Literatur Parade”, che vede il tedesco come lingua ospite del Salone del Libro 2024, arriva in Sala Internazionale Shida Bazyar, intervistata dalla scrittrice e attivista Nadeesha Uyangoda, per presentare il suo libro d’esordio “Di notte tutto è silenzio a Teheran”, edito da Fandango e candidato al premio “Strega” europeo. La Uyangoda ritiene che il libro consista in una risposta pentapartita (poiché il libro è diviso in quattro capitoli più un epilogo, che raccontano 10 anni ciascuno) alla domanda “Cosa rimane dopo una rivoluzione?” e pone il quesito alla scrittrice tedesca, che afferma che può solo rimanere l’attesa per la prossima rivoluzione. Il libro racconta la storia della famiglia di Behsad e Nahid, che si trova costretta a fuggire dall’Iran verso la Germania, dopo la Rivoluzione del ‘79. La Bazyar s’ispira alla storia dei suoi genitori, riflettendo le idee politiche del proprio padre in quelle di Behsad, che è il protagonista del primo capitolo. La scrittrice sceglie di usare sempre la parola “esuli”, piuttosto che “migranti” o “profughi”, poiché vuole far risaltare le singole persone, senza ridurle ad un gruppo di fuggitivi. La giovane penna tedesca vuole esaltare la libertà alla scrittura, abbattendo lo stereotipo del fatto che sia necessario un “background” autobiografico per trattare di temi esteri, affermando che lei stessa conosce poco o nulla del farsi (lingua dell’Iran) o della letteratura iraniana, poiché è nata e cresciuta in Germania. Il secondo capitolo, dedicato alla madre Nahid, è forse quello più commovente, poiché la donna non riesce a riconoscersi nelle ideologie e negli usi tedeschi e, non trovando una quotidianità, prova a vivere nei ricordi. Qui si può notare il talento della Bazyar nell’interagire sentimentalmente col lettore, senza risultare didascalica: afferma infatti che, sebbene si sia documentata sul piano storico, abbia preferito approfondire quello delle relazioni tra i personaggi. Nonostante ciò, a seguito di una domanda del pubblico, si è dichiarata dispiaciuta del fatto che tutte le persone che hanno parlato del libro si siano soffermate sulla parte drammatica, senza notare il messaggio che vuole trasmettere all’Europa da parte dell’intero Iran, soprattutto a seguito delle contestate leggi sui richiedenti asilo approvate recentemente in Germania, che hanno aumentato le perquisizioni sui migranti e la durata della custodia cautelare dei residenti irregolari. Gli ultimi due capitoli e l’epilogo sono affidati rispettivamente a Laleh, Morad e Tara, ovvero i tre figli della coppia, dove possiamo trovare un confronto tra ricordi attraverso gli occhi dei tre ragazzi, che fa riscontrare il tipico senso di alienazione provocato dal ritorno in un luogo dopo anni. La Bayzar, raccontando le sue esperienze di lettura collettiva del romanzo, si ritiene soddisfatta del fatto che alcune persone che hanno vissuto situazioni uguali o simili a quelle narrate l’abbiano ringraziata, poiché hanno usato le sue parole per raccontare ciò che loro non avevano coraggio di dire ai loro figli, facendola diventare una voce universale.