Cronache, Salone del Libro 2023

Ritorno ad Auschwitz


Elisa D'Avino, Bianca M. Pozzobon

Liceo Vittorio Alfieri - Torino

“I piccoli banditi della rivolta di Varsavia” così venivano chiamati i bambini deportati dopo la rivolta del 1944 dai capi all’interno del campo di concentramento Auschwitz Birkenau. A parlarcene è stato il sopravvissuto Bodgan Bartnikowski, con il supporto di un traduttore, il 18 Maggio alle 11.00 nella Sala Azzurra all’interno del padiglione 3 del Salone del Libro, assieme alla vice direttrice del museo Auschwitz Birkenau e la direttrice della casa editrice del museo, in collaborazione con l’associazione “Il treno della memoria”.

Autore di diversi libri, ma oggi ci ha parlato de “Il ritorno ad Auschwitz“: attraverso una visita guidata del campo, l’autore ricorda i momenti vissuti al tempo della deportazione.

Bodgan ci parla di come dopo vent’anni di silenzio iniziò a raccontare le violenze subite. In questo, le testimonianze degli altri sopravvissuti, sia bambini che adulti, svolgono un ruolo fondamentale: all’inizio, infatti, le uniche esperienze ad essere raccontate erano quelle degli adulti, ed è stata proprio la necessità di dare voce a quelle dei bambini a spingerlo a scrivere. Ma non solo: mettere per iscritto questi ricordi è stato il mezzo per liberarsi di un dolore che ancora oggi non se ne va, tanto da farlo sentire obbligato a tramandarne la memoria, soprattutto ora che i testimoni sono rimasti in pochi.  

Uno dei ricordi più vivi per lui è il suo arrivo ad Auschwitz Birkenau, nell’agosto del 1944, dopo la celebre rivolta di Varsavia. Quest’ultima aveva lo scopo di liberare la città prima dell’arrivo dell’Armata Rossa Sovietica, dopo le grandi vittorie dell’offensiva estiva sul fronte orientale. Bodgan stesso, alla giovane età di 12 anni, partecipò come piccolo collegamento, ossia messaggero, tra i distretti. Proprio per questo, lui e molti altri bambini furono deportati poco dopo. La prima immagine che rimane viva in lui è quella del fiume di persone appena scesa dal treno merci che li aveva condotti in quel luogo. Il libro è disseminato di altri ricordi come le gentilezze ricevute dagli altri prigionieri polacchi o le preghiere recitate insieme prima di addormentarsi, nella speranza, un giorno, di uscirne vivi.

Un racconto toccante il suo, che ha ricordato l’importanza della testimonianza stessa, come sottolineano la vice direttrice del museo e la direttrice della casa editrice: la testimonianza diretta restituisce, a differenza dei dati storici, emozioni fondamentali per mantenere viva la memoria di un passato che non deve mai più ripetersi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *