Partiamo dal presupposto che, pur avendo scritto alcune cose – tra cui L’età verde – l’impatto col lettore è sempre un’esperienza unica, inaspettata. Quasi che solo nel momento della lettura, il libro diventi davvero reale. A differenza di altri tipi di letteratura, quella destinata all’infanzia e all’adolescenza più raramente gode di un riscontro diretto, dato dalle persone a cui hai realmente dedicato il tuo racconto. Spesso sono i genitori, gli insegnanti, gli adulti a fare da tramite, che siano stati lettori diretti o che abbiano osservato i loro ragazz3 sparire qualche ora dietro la copertina del tuo libro. Questo è bello, importante, senza dubbio. Eppure.
Eppure ciò che è avvenuto con la 2 B e la 2 E dell’Istituto Comprensivo Pacinotti è stato “qualcosa di completamente diverso”. Come non mi è accaduto spesso, ho potuto ascoltare direttamente dalla voce dei lettor3 quel che il mio libro (nostro, mio e di Sara Malucelli, che ha disegnato il fumetto) ha lasciato. Innanzitutto, quando sono arrivata sapevo (perché avevo le prove fotografiche!) che tutt3 avevano letto L’età verde. Un ragazzo aveva scelto persino di accogliermi con una felpa verde, come quella della protagonista – esattamente un’idea che avrei potuto avere io, ho pensato. In quel momento, a differenza di una presentazione x, non dovevo vendere il libro (e il corsivo denota il brivido che provo nello scrivere questa parola), in quel momento, dovevamo semplicemente parlarne. Loro mi conoscevano già, in qualche modo.
Questo è stato profondo, emozionante. Non conoscevano solo il mio nome e cognome, ma – avendo, appunto, letto il libro – sapevano molto di me. Intanto sapevano che avevo sofferto, che ho amato e che amo. E lo sapevano non perché glielo avevo raccontato in una lezione in cui poi spiegavo il come e perché la storia si era evoluta, o perché avevo scelto questa o quell’immagine. Lo sapevano perché – col fumetto – avevano osservato un pezzetto della mia vita emotiva, come avrebbero potuto fare con un’amica, una compagna di scuola, o con loro stessi.
L’età verde tratta di amicizia, empatia, salute mentale, di quel dolore incomprensibile che quando arriva in giovanissima età è ancora più insondabile. O, perlomeno, ha il vantaggio su di noi di essere nuovo, e quindi misterioso e spaventoso. In primo luogo ci siamo fatti delle domande, restando sulla teoria, rispettando il loro bisogno di non esporsi, la loro discrezione. Io no, io potevo non essere discreta e alla domanda fatidica (che pure gli adulti si fanno, ma non osano rivolgere): “Il libro parla di te?”, sono stata sincera. Sì, parla di me. Sì, ero io quella – ma non proprio. Abbiamo parlato allora del valore trasformativo della scrittura, di quante volte raccontiamo storie, ogni giorno, in ogni situazione. Parlando di letteratura, abbiamo parlato di noi.
Poi abbiamo fatto un esercizio. Abbiamo provato a raccontarci per presentarci l’uno all’altro (in piccoli gruppi, in privato, mischiando le due classi per sorprenderci un po’). In un secondo momento ognuno avrebbe interpretato l’altro, senza imitarlo. Ci siamo allenati ad ascoltare, a immaginare e, banalmente, a metterci nei panni degli altri. Ci siamo resi conto di quanto sia difficile uscire da sé, ma quanto è fondamentale se si vogliono scrivere personaggi che siano credibili, autonomi e interessanti.
Il terzo incontro è stato di condivisione a cuore aperto. Partendo da una serie di affermazioni, e esprimendo quanto ci rappresentavano alzando semplicemente la mano, siamo entrati in punta di piedi nel mondo degli adolescenti. I social, i genitori, i compagni di classe, gli insegnanti. La percezione che il mondo online sia più interessante (a volte) di quello reale. Quelle giornate in cui ci si ritrova tristi e arrabbiati e non si ha la minima idea del perché. Poi, è successo qualcosa che non mi aspettavo. Le classi avevano scelto delle parti del libro, per leggerle ad alta voce, e le hanno scelte in base a una loro affinità emotiva col testo, che spesso hanno argomentato. Alla fine degli incontri, alcuni hanno avuto la forza di dire: “Sì, io mi sento proprio così”.
Nutro un rispetto immenso per chi mi legge. Rispetto e gratitudine. A tutt3 l3 ragazz3 che hanno partecipato al progetto, ma anche alle professoresse e a tutti gli adulti che l’hanno reso possibile: grazie di cuore.