Il testo è scorrevole e capace di restituire una carica d’angoscia ai personaggi che diventano simbolo di un’umanità sofferta e impotente. Camus nel romanzo parla dei totalitarismi della sua epoca attraverso la metafora di un’epidemia di peste che colpisce la città di Orano durante gli anni ’40 del secolo scorso. A parer mio quest’opera può essere interpretata in chiave differente a seconda del vissuto e delle esperienze compiute da ognuno. Ho riscontrato nelle parole “Ciascuno dovette accettare di vivere alla giornata, e solo di fronte al cielo” parallelismi con la condizione da me vissuta qualche mese fa. Durante il primo lockdown, dovuto al COVID-19, il fatto di dover rimanere chiusa tra le quattro mura della mia stanza, mi ha “costretto” a dover fare i conti con me stessa e ad accettare che per un periodo di ignota durata avrei dovuto rinunciare alla normalità della quotidianità. Pian piano ho iniziato ad apprezzare le piccole cose che prima ritenevo scontate, come le giornate di sole. Ero a tal punto sensibile da far sì che il mio umore dipendesse dal meteo. Bastava un raggio di sole per infondermi gioia e un temporale per aumentare il mio senso di inquietudine. Questo libro mi ha dunque insegnato che è possibile scovare la luce anche nei momenti più bui.