Una cosa che ti ha colpito
Questo libro mi ha colpito molto perché leggendo, in molti passaggi mi è sembrato di rivivere ciò che tutti noi abbiamo vissuto a febbraio di due anni fa con l’arrivo del Covid 19. Nonostante il Coronavirus non sia minimamente paragonabile al morbo della peste, le sensazioni e i sentimenti provati dai personaggi descritti nel libro sono molto simili a quelli che abbiamo provato noi. Inizialmente Orano viene infestata dai topi, e poco dopo si iniziano a riscontrare i primi contagiati dal morbo. inizialmente nessuno da peso a ciò che sta accadendo, o comunque, le persone intelligenti, fanno fatica a pronunciare la parola “peste”.
la stessa cosa è accaduta a noi, quando, appena arrivato il virus nelle nostre zone, la maggior parte delle persone pensava che fosse una semplice influenza.
Anche le misure prese al fine di limitare i contagi sono molto simili: viene stabilito un coprifuoco alle undici di sera, la città di Orano viene chiaramente chiusa, viene vietato il transito dei mezzi pubblici, vengono limitati i consumi di moltissimi prodotti, poiché piano piano gli approvvigionamenti arrivati in città diminuirono e per questo le persone avevano paura di rimanere senza cibo.
Una frase del libro da conservare
“se uno di noi provava per caso a confidarsi o a dire qualcosa del proprio stato d’animo, il più delle volte la risposta, quale che fosse, lo feriva. si accorgeva allora che lui e il suo interlocutore non parlavano della stessa cosa. Ciò che lui esprimeva scaturiva infatti da lunghe giornate di rimuginii e di sofferenze e l’immagine che voleva comunicare aveva covato a lungo al fuoco dell’attesa e della passione. L’altro invece si figurava un’emozione convenzionale, il dolore smerciato in piazza, una malinconia fatta in serie. Che fosse benevola o ostile, la risposta era sempre inadeguata, tanto valeva rinunciare”.
In questo passaggio il narratore dimostra il fatto che, in una tale situazione di difficoltà e solitudine, nessuno potesse sperare nell’aiuto altrui per questo, ciascuno rimase abbandonato a se stesso, solo con la propria inquietudine. Ciò perché ognuno vive le proprie esperienze e i propri sentimenti in maniera del tutto unica.
Commento su “La peste” di Gianmaria Leonardi