Il corpo 2025, Laboratorio, Un libro tante scuole

Recensione e riflessione personale su “Il corpo”


Celeste Tredici

Istituto Moccia - Nardò

Nome Scuola

Istituto Moccia

Città Scuola

Nardò

Con “Il corpo”, Stephen King non racconta solo una storia ma ci prende per mano e ci porta in un viaggio che non ha tanto a che fare con la morte di un ragazzo  sconosciuto quanto con la morte dell’infanzia stessa.
Quattro ragazzi armati solo della loro amicizia e del coraggio che non sanno ancora di avere, partono alla ricerca di un cadavere ma, alla fine, quello che trovano è una verità più scomoda e profonda. Stanno crescendo e non saranno più gli stessi. Con King ho attraversato non solo una ferrovia nel bosco ma un confine invisibile tra l’innocenza e la consapevolezza.
Con Gordie, Chris, Teddy e Vern ho fatto un viaggio nell’anima, fatto di silenzi, battute, paure e sguardi che dicono tutto. È un viaggio verso l’ignoto, verso la paura di ciò che ci aspetta ma soprattutto verso qualcosa che muore per sempre, l’infanzia.
Il “corpo” che cercano diventa così un “simbolo” non solo della morte ma di tutto quello che perdiamo crescendo. Se dovessi sostituirlo con un altro oggetto simbolico sceglierei uno specchio rotto perché è proprio questo che succede, all’improvviso ci specchiamo nel mondo reale e il riflesso che vediamo non è più quello del bambino che eravamo ma di qualcuno che non riconosciamo ancora.
King è noto per l’horror ma qui ci mostra che il vero terrore è nella realtà, nei genitori assenti, nella povertà, nella violenza domestica e nel sentirsi invisibili. Scrivere dell’orrore dell’anima è molto più difficile che inventare mostri perché l’oscurità che ci abita è molto più vera, più vicina, più silenziosa.
Una frase che mi ha colpito è:” Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”
Questa frase mi ha stretto il cuore perché parla della verità più semplice e crudele dell’adolescenza dove ci si perde anche quando ci si vuole bene.
Gli adulti del libro sono spesso assenti, chiusi, incapaci di vedere i ragazzi per quello che sono. Gli adolescenti, invece, sentono tutto in modo estremo e autentico, hanno fame di essere ascoltati, capiti e soprattutto amati.

Questa è la vera differenza tra adulti e adolescenti: i primi hanno dimenticato mentre i secondi stanno ancora cercando di capire.
Stephen King non mi ha solo raccontato una storia ma mi ha lasciato un segno perché in fondo tutti noi abbiamo vissuto un giorno in cui, come Gordie, abbiamo guardato il
mondo con occhi diversi e non siamo più tornati indietro.

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