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Leggere “Il corpo” di Stephen King vuol dire immergersi in un romanzo di formazione colmo di insegnamenti. L’autore, con il suo inimitabile stile, ci fa riflettere su problemi che potremmo trovare tutt’oggi e ci presenta delle soluzioni.
Una cosa che mi ha colpito di questo libro è pensare a come sarebbe stato il rapporto tra Gordie e i suoi se il fratello fosse ancora in vita.
I suoi genitori avrebbero preso maggiormente in considerazione il figlio minore?
Gordie rimane stupito quando i genitori si preoccupano per lui dopo essere tornato a casa con le ossa rotte per essere stato picchiato da un ragazzo, cosa che dovrebbe risultare scontata in una famiglia, ma non nella sua nella quale viene ignorato.
Ed è anche per via di questo particolare rapporto con i genitori, che il protagonista-narratore Gordie riesce a creare un’amicizia fedele e duratura con uno dei suoi coscritti della città di Castle Rock. Anzi, se ci si pensa, magari non ci sarebbe neanche stato tutto questo rapporto tra i quattro protagonisti dell’avventura, se Gordie avesse avuto un buon rapporto con i genitori.
Tutti e quattro i ragazzi venivano da situazioni difficili e insieme sono riusciti a farsi forza e affrontare le difficoltà. Chissà come sarebbe finita la storia se Gordie avesse frequentato altri ragazzi. Come sarebbe stata la loro vita? Non lo sapremo mai, ma questo ci permette di aprire l’immaginazione e di creare noi una continuazione della storia.
I quattro dunque sono degli emarginati dalla società, le loro questioni difficili (il padre alcolizzato di uno, il rapporto del protagonista con i suoi) li allontanano dalle persone della cittadina di Castle Rock, che li guardano con sospetto, compatimento e a volte con derisione. Sono gli sfigati d’oggi.
Ma nonostante questo crescono, affrontando insieme le sfide che si possono presentare durante l’adolescenza, per esempio sostenendosi quando uno di loro scoppia in lacrime nonostante la sua paura di dimostrarsi debole di fronte agli altri. L’episodio in cui accade ciò è in un certo senso esemplare del modo in cui vedono il diventare grandi: loro infatti non riuscivano ad accettare il fatto che tutti hanno delle debolezze, e per questo volevano sempre mostrarsi forti e coraggiosi anche nelle situazioni più complicate. È appunto per questo che il gruppo si avvia in un bosco per trovare la salma di un ragazzo morto, per curiosità di vedere il cadavere e per dimostrare il proprio coraggio.
Ma alla fine con questo viaggio sono riusciti a capire che ognuno può avere dei punti deboli, magari gli stessi dell’amico e questo elemento in comune rende tali debolezze più facili da affrontare. Infatti, è insieme che sono riusciti ad accettare e capire queste situazioni affrontando anche la loro esperienza con più leggerezza.
Capisco che anche per questa loro idea sull’essere “grandi” sia stato complicato creare delle relazioni: avrebbero forse potuto consultare degli psicologi ma per poi risultare “femminucce” – come dicono loro all’interno del romanzo – davanti ai propri amici. Per loro penso sia stato davvero difficile integrarsi, ma grazie a questa unione tra loro ce l’hanno fatta.
Credo che sia questo il principale tema del libro, che riappare poi anche in altre opere di Stephen King, nelle quali si ripresentano scene difficili affrontate da un gruppo di giovani amici. Ne è un esempio il celebre romanzo “IT”, nel quale un gruppo di ragazzini perdenti affronta delle pericolose prove. In entrambi i libri l’unione tra i ragazzi permette loro di crescere affrontando insieme le sfide dell’adolescenza.