“E l’isola, per me, che cos’era stata finora? un paese d’avventure, un giardino beato! ora, invece, essa mi appariva una magione stregata e voluttuosa, nella quale non trovavo da saziarmi, come lo sciagurato re Mida”.
Adolescenza è sinonimo di cambiamento, parola chiave per l’interpretazione del romanzo della scrittrice, anzi scrittore, Elsa Morante. Infatti il protagonista de “L’isola di Arturo” è un ragazzino con il nome di una stella e di un re leggendario che cresce immerso nella natura sperduta della piccola isola di Procida, privo della madre, morta di parto, e con un padre fisicamente e sentimentalmente assente.
Nonostante la distanza della figura paterna, spesso “in viaggio”, Arturo prova un profondo attaccamento, un’ossessiva ammirazione nei suoi confronti. Ritenendolo una divinità infallibile e perfetta, con il passare del tempo e, soprattutto, con l’avvento dell’adolescenza, il giovane cambierà il suo punto di vista e una delle Verità Assolute che ha creato inizierà a cadere cancellando un velo di menzogne.
Tra le pagine più emozionanti del libro ci sono quelle dedicate all’amore. Un universo sconosciuto si svela ad Arturo quando incontra la “matrigna”: appena due anni più grande di lui, la brutta e bella Nunziata ribalta la visione delle donne fondata sul modello misogino del padre. La loro relazione, paragonabile alle montagne russe, è esaltante e dolorosa, segnata inizialmente dalla confusione del ragazzo sui sentimenti provati verso questa donna e poi dalla paura dell’incesto. L’iniziale rivalità, diviene amicizia, poi odio, gelosia, ma deve attraversare lo scoglio della gravidanza, per trasformarsi in amore assoluto e travolgente.
Le vicende dei personaggio si fondono con il paesaggio, che, come in Petrarca, diviene lo “specchio dell’anima” e dei loro sentimenti. Proprio come l’isola, circondata dal mare e lontana da tutto, allo stesso modo Arturo cresce isolato e protetto dalla società vivendo nel suo mondo fantastico, apparentemente privo di insidie, scenario di una epopea di avventure meravigliose, di conseguenza perfetto. Ma, poi da questo limbo dovrà prepararsi ad uscire…
I lettori nostri coetanei noteranno sicuramente un ritmo narrativo dapprima molto lento, segnato dalle riflessioni e dalle lunghe descrizioni dei personaggi in relazione anche con il paesaggio, tuttavia la Morante, nella parte finale, introduce scene dinamiche in cui si succedono eventi chiave e inaspettati per la maturazione di Arturo e per l’epilogo della storia, costringendo il lettore a rimanere con gli occhi incollati alle pagine del libro.
Sebbene Arturo possa sembrare una figura mitica, persino estrema nei sui valori e nelle sue aspirazioni, dunque lontana dal mondo attuale, egli incarna sentimenti e sogni, fallimenti e disillusioni che appartengono ancora alla nostra generazione, o forse a chiunque attraversi una soglia oltre la quale nulla sarà come prima. Forse è proprio questo che ci avvicina al racconto della Morante: trasformare la vita in un’esperienza eroica ed esaltante, ritrovare ogni volta dentro di noi quel bambino che voleva conquistare il mondo, cercare chi siamo, come faceva Arturo quando immaginava che il mistero del suo futuro fosse nascosto nella voce della natura :
Vicino a me, alla porta della mia stanzetta usurpata, si mischiavano i rumori del vento e delle ondate, e questo coro naturale, senza nessuna voce umana, discuteva certo il mio destino, con un linguaggio incomprensibile come la morte”