Il libro “La peste” di Albert Camus è un testo molto interessante.
In primo luogo ti fa capire come viveva la gente al tempo della peste, che non è molto diverso da come viviamo noi oggi con il covid. In secondo luogo, ti fa capire l’importanza della politica e della medicina in tempi di emergenze virali.
Il protagonista è un medico, il dottor Rieux, che inizialmente nota solo alcuni topi che continuano a morire senza alcun motivo. Dopodiché la gente inizia ad ammalarsi, e il dottore cerca in ogni modo di far capire che la causa scatenante potrebbe essere la peste, ma la gente, avendo paura, cerca in tutti i modi di negarlo. La situazione, allora, inizia ad aggravarsi, fino a quando iniziano a morire tantissime persone: tutte allo stesso modo.
Finalmente, allora, i cittadini capiscono che si tratta della famosa peste. La prima cosa che il dottore consiglia di fare è far arrivare le provette che avevano usato per l’epidemia di peste avvenuta anni prima.
Se noi pensiamo a quest’ultimo fatto notiamo che assomiglia un po’ a quello che abbiamo passato noi. Paragonando la peste al covid, vediamo che descriveremmo la stessa identica cosa successa oggi: persino le provette potrebbero essere paragonate al vaccino.
InfattI, la prima cosa che ci è venuta in mente appena si è diffuso il covid è stata: facciamo più vaccini anti-influenzali, visto che il covid fa parte dei virus influenzali, ma non ha funzionato.
Il libro poi andrà avanti così, tra cittadini che muoiono, problemi di politica e gente che vuole uscire dalla città (precedentemente isolata per la malattia virale ). Questo libro, però, parla anche di un evento che a noi oggi non è ancora accaduto, ovvero la fine dell’emergenza. Viene però descritta come ce la immaginiamo noi, ovvero feste da parte della popolazione, ma anche gravi problemi psicologici dovuti al grande trauma rimasto: un esempio è la sparatoria di Cottard sulla folla che festeggia.
Un episodio che mi ha particolarmente colpito di questo libro è stata la storia del giornalista Raymon Rumbert che si trova imprigionato nella città di Orano, perché quando compare la peste, la città chiude le porte e nessuno può entrare o uscire. Lui, però, fuori da Orano, ha lasciato la sua amata: allora, per gran parte dell’inizio del libro si possono leggere tutti i suoi vani tentativi di uscire dalla città. Addirittura ad un certo punto cercherà anche di allearsi con un gruppo che come “lavoro” sottobanco cerca proprio di far uscire le persone da Orano, ma anche lì fallirà. Fino a quando, stanco di provare, cerca di dare una mano alla città, aiutando Rieux nella cura dei cittadini. Questo episodio mi ha particolarmente colpito poiché mi ricorda un’altra volta quello che sta succedendo con il covid, quando a inizio emergenza molte persone cercavano di uscire dalla città in cui si trovavano, o semplicemente trovavano tutte le scuse possibili per uscire di casa durante il primo lockdown.
Come scritto in precedenza, questo libro è molto interessante e intrigante, l’unico difetto che forse ha è il fatto che su molti argomenti o descrizioni si dilunga molto, ma per il resto è un ottimo libro e lo consiglio a chiunque piacciano i romanzi!