“La peste”: il libro si intitola così.
Quello che mi ha colpito di questo romanzo è proprio la parola “peste”, naturalmente viene citata molto spesso, ma le parti del testo che mi hanno colpita particolarmente sono state l’inizio e la fine del libro.
All’inizio, il fatto che non volessero svelare il nome della malattia che stava causando tutte quelle morti, pur sapendo di cosa si trattasse, mi ha colpita molto.
Della fine, sono state proprio le ultime frasi ad avermi lasciata a bocca aperta, è stato un pò come avere un deja vu mentre leggevo.
Gli uomini che festeggiano, come se non fosse successo nulla, come se non fossero morte persone su persone, convinti di aver sconfitto il “mostro peste”, ma ignari del fatto che, come viene scritto nelle ultime righe, il bacillo della peste non può essere sconfitto; semplicemente si ritira, e aspetta il momento più opportuno per poter colpire di nuovo e più forte di prima. E tutta la situazione che ho letto mi è sembrata familiare e ciò mi fa ridere amaramente, perché nel corso degli anni è migliorato tutto, la tecnologia, la società, le innovazioni, la scienza, praticamente tutto, tranne la cosa più importante, la mentalità dell’uomo, quella è rimasta quasi uguale. Nonostante abbia già vissuto in precedenza malattie e epidemie simili non è maturato per niente e continua a comportarsi sempre nello stesso modo.
Questo libro non rientra nel mio genere, perciò se non fosse stato assegnato come compito di scuola, io non lo avrei mai letto e comprato.
Nonostante questo, un po’ titubante l’ho iniziato a leggere, mi è piaciuto per come è stato scritto, anche se a volte non riuscivo a comprendere alcune parti e le ho dovute rileggere più volte prima di arrivarci.
Mi ha fatto riflettere molto: se dovessi consigliare a qualcuno questo libro lo consiglierei a tutti, soprattutto in virtù dei tempi che stiamo vivendo.