Nel libro, Pereira parte come un uomo passivo, e cioè che subisce ciò che gli pone la società senza farsi domande. In questo caso, l’essere passivo è contrario dell’essere coraggioso, perché Pereira non era a conoscenza di ciò che accadeva veramente, pertanto è giustificato perché vive nell’ignoranza. Ma quando inizia a capire, ecco che comincia ad emergere quell’ io egemone che gli fa dubitare della realtà che ha sempre vissuto tranquillamente fino allora. Avanza fino ad arrivare all’assassinio di Monteiro Rossi, avvenuto proprio a casa sua, questo caso porta al suo completo ‘risveglio’: inizia ad agire. Allora, possiamo cogliere la passività dovuta all’ignoranza, che poi si trasforma in coraggio. Tuttavia, già da qui si nota che il confine tra passività e coraggio è molto fine e sfumato.
Prendiamo per esempio l’atteggiamento del popolo tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale: qui la loro passività è giustificata, oltre che dall’ignoranza (per via della propaganda fatta dal regime nazista), anche dal senso di dovere e dal timore.
Mentre noi osservatori ci chiediamo come abbiano potuto- tutti quelli che parteciparono al ‘crimine contro l’umanità’- commettere atti così orribili, quelli rispondono che stavano adempiendo il loro dovere: se nessuno obbedisse a nessuno il mondo sarebbe finito già da tanto tempo. Il senso del dovere sembra però più una scusa, perché avere senso del dovere significa rispondere alle proprie responsabilità, paradossalmente però, studi successivi rivelano la tendenza delle persone a credere a ciò che ci viene proposto e ad obbedire a ciò che ci viene ordinato proprio perché le conseguenze dell’azione ordinata sono a carico di chi ha ordinato. Dunque, dato che è il capo che ha avuto l’idea di eseguire la carneficina ed è dovere del soldato obbedire al comando, il soldato esegue, ma non se ne assume le responsabilità: è responsabilità dell’autorità. Allora anche questi soldati sono vittime dell’ignoranza? Sono giustificati perché ‘stavano solo eseguendo gli ordini’? Anche Pereira eseguiva ciò che gli diceva il redattore, ma poi diventato consapevole agì conformemente alle proprie idee. Oltre a questo, c’è il sentimento del timore che spinge l’uomo a tutto. Chi eseguiva gli ordini dati dall’alto non lo faceva solo per dovere, ma anche per paura nei confronti dell’ ‘alto’. L’istinto di sopravvivenza porta quindi alla perdita dell’umanità nelle persone, li fa diventare tacere di fronte ad una tragedia in corso, e questo è simile al meccanismo su cui si posa l’azione mafiosa. Troviamo allora che rimanere passivi è comportamento naturale dell’uomo causato dall’istinto di sopravvivenza che caratterizza e spinge l’uomo a progredire fin dalla Preistoria. Nel libro Pereira rischierà la sua vita, ne è consapevole, ma ne è anche convinto.
Dall’altra parte però l’immaginario dell’eroe esaltato da tutte le dieci forme dell’arte è costituito da una figura che, essenzialmente, si sacrifica per risolvere problemi e salvare, se non il mondo, delle vite: insomma, agisce in nome del giusto spingendosi ben oltre l’interesse individuale. Oltre alla grande visione dell’insieme che hanno, questi eroi sono accomunati anche per il fatto che credono veramente a ciò che fanno e dimostrano un forte coraggio- caratteristica per cui gli eroi sono tanto ammirati. Ed è proprio quest’ultimo fattore che aggrega anche Pereira nell’insieme degli eroi: egli fa ciò che sostiene sia giusto, senza aver paura di essere picchiato a morte dalla polizia che ormai lavora per tutt’altri che per i cittadini, e prova a cambiare quella realtà oppressiva con un governo che non tiene più conto della popolazione normale e che utilizza la violenza per ottenere ciò che vuole.
Si può osservare allora che il coraggio e la passività sono relativi al valore a cui si dà più importanza: se per Pereira l’importanza è data ad un futuro migliore, altri danno rilevanza ad un presente tranquillo. Al centro della scelta -di non reagire o di attivarsi- vi è un’altra soggettiva scelta di dare importanza a certi valori che nessuno di noi potrebbe giudicare. E infatti anche la concezione di ‘eroe’ è soggettiva, proprio perché certi eroi incarnano certi valori che certe persone condividono. Per esempio, trovare la risoluzione nel suicidio è passività di fronte alla vita o coraggio per la denuncia attraverso un atto forte? O ancora, si può considerare passivo il soldato mandato in guerra che combatte, commettendo uccisioni, per non aver fatto, per esempio, obiezione di coscienza?
Si può dire allora che, intanto, non è possibile distinguere la passività e il coraggio negli altri poiché la scelta loro è influenzata da infiniti fattori, poi, non è neanche possibile giudicare moralmente gli altri per la scelta che compiono perché non nessuno è in grado di capire completamente l’ altro. Una cosa che si può affermare, però, è che Pereira ci dimostra che tutti -anche una persona monotona come lui- possono riuscire a fare qualcosa in nome del bene che si ha nel cuore e che se essere passivi rende la propria vita ansiosa, infelice e indecente, allora è meglio affrettarsi a prendere azione, che non c’è tempo da perdere.