“È necessario cambiare la mentalità delle persone“.
Questa la convinzione della scrittrice libanese Dominique Eddè e della giornalista israeliana Amira Hass. Il confronto delle due sul conflitto arabo-palestinese, tenutosi presso il Teatro Comunale il 5 ottobre durante il Festival di Internazionale a Ferrara, è stato avvincente e toccante.
Infatti, Eddè ha analizzato la differenze tra comprendere e condividere e ha approfondito il valore e il significato della parola understanding: under (“sotto”) e standing (“stare in piedi”). “Comprendere” davvero significa sapersi mettere “sotto”, in una posizione di ascolto e umiltà, per cogliere la prospettiva dell’altro.
Allo stesso modo, la parola umiltà deriva dal latino humilitas, che ha la sua radice etimologica in humus, cioè “terra”. “Essere umili” vuol dire restare con i piedi per terra, riconoscere i propri limiti e responsabilità, rinunciando ad ogni ideale di superiorità.
L’umiltà, all’interno di questo conflitto, è essenziale: non è una forma di debolezza, ma una forza che porta a una rivoluzione; significa smettere di considerarsi come le uniche vittime e iniziare a riconoscere l’altro come un essere umano, con pari dignità, valori e diritti.
Tuttavia, essere umili non è abbastanza, è anche necessaria un’accettazione reciproca: è questo l’elemento fondamentale per qualunque possibilità di pace duratura. Ciò non significa negare se stessi, ma accettare che esistano più verità che dipendono dai differenti punti di vista.
Questo cambiamento di mentalità non consiste solo nel rendersi conto di ciò che sta subendo oggi il popolo palestinese, ma soprattutto ammettere i propri errori, il passo più complicato.
Per concludere, Hass ha affermato che “non possiamo normalizzare la guerra” e insieme a Eddé, ha denunciato tutti coloro che considerano i conflitti una soluzione per risolvere i contrasti. Quindi, per raggiungere un ideale di pace è necessario un cambiamento di mentalità, comprendere le ragioni dell’altro e aprire le porte al dialogo.