Cronache, Internazionale a Ferrara 2025

L’uomo e l’animale: fra difficoltà e ispirazioni


Francesco Carnevale, Luigi Tornimbeni

Liceo Ariosto, Liceo Alfieri - Ferrara, Torino

In tempi medievali uno dei più popolari generi letterari era quello dei bestiari, inventari di animali le cui peculiarità rispecchiavano, secondo la percezione dell’epoca, caratteristiche dell’essere umano e soprattutto valori morali che l’autore voleva trasmettere al suo pubblico. Allo stesso modo, Frank Westerman, scrittore e giornalista olandese, ex-reporter della guerra in Jugoslavia, ha deciso di raccogliere nel suo ultimo saggio (Bestiario artico, Iperborea, 2025) gli esempi di sette animali polari per raccontare alcuni aspetti della nostra contemporaneità, in particolare quelli legati all’impatto ambientale dell’uomo.

In particolare, l’autore si ispira al celebre diario di bordo del navigatore William Barents, noto per aver tentato senza successo di trovare il modo di arrivare al continente asiatico attraverso l’artico. Fra gli animali raccontati da Barents nel suo diario, Westerman recupera il lemming, l’anguilla, l’orso polare, il narvalo, l’oca colombaccio, la renna e il granchio reale rosso. Il presentatore della conferenza si concentra innanzitutto sul più particolare dei sette: il lemming; sono infatti peculiari i suoi cicli di riproduzione, che gli permettono di aumentare esponenzialmente il numero di esemplari ogni quattro anni – a cui si aggiunge un ulteriore sorprendente incremento ogni trenta. Per rispondere al rischio di sovrappopolamento e alla conseguente mancanza di cibo, questa specie mette in pratica quello che alcuni definiscono un “suicidio collettivo”, mettendosi a correre, probabilmente alla ricerca di viveri, fino a cadere dalle scogliere e poi annegare. Sebbene non possa essere ritenuto un vero e proprio suicidio in quanto non intenzionale, questo fenomeno ci permette di riflettere sul nostro attuale problema di sovrappopolamento, che di fatto porta a una carenza delle risorse naturali del pianeta. Lo scrittore ritrova nel comportamento dei lemming una sorta di “arte di morire”, che ci permette di riflettere sul nostro talvolta eccessivo attaccamento alla vita e sulla nostra concezione della morte. 

Il secondo animale presentato da Westerman è l’anguilla, che si riproduce sempre nell’Oceano Atlantico, a prescindere dal luogo di provenienza. Tuttavia, le anguille del Mare del Sud si sono ritrovate bloccate negli anni Trenta da un’immensa diga lunga 30 km che ha trasformato l’intero mare in un lago per proteggere la città di Amsterdam dalle inondazioni. Chiaramente le anguille sono ora in via di estinzione in questa località e per rispondere al problema si è deciso di aprire un canale sotto la diga per consentire la migrazione di questo animale. E’ grazie all’esempio dell’anguilla che lo scrittore introduce un grande tema della conferenza: il rapporto fra l’uomo e l’habitat naturale delle specie con cui si interfaccia.

Proprio da qui nasce la scelta di inserire uno degli animali più emblematici dell’impatto ambientale umano nell’artico: l’orso polare, una delle pochissime specie che cacciano l’uomo per cibarsi. Westerman porta due esempi di incontri finiti in tragedia fra gli esseri umani e gli orsi, uno tratto dal diario di bordo di Barents e l’altro dalla cronaca recente, che dimostrano come l’uomo provi nei confronti di questi animali un misto di paura e ammirazione. L’orso è inoltre esemplificativo di una caratteristica umana, ovvero lo sfruttamento di tutte le risorse disponibili, anche oltre il necessario, fino al loro esaurimento: infatti quest’ultimo, quando ne ha la possibilità, grazia alla sua capacità iperfagica, divora tutto ciò che trova, finché non rimane niente di commestibile.

In conclusione, le parole di Westerman sono riuscite, attraverso esempi semplici e talvolta anche sarcastici, a far comprendere quanto in realtà siano profondi e complessi i rapporti fra uomo e ambiente e quanto dagli animali che ci circondano potremmo trarre degli insegnamenti.

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