11 anni senza libertà ingiustamente. Una condanna di 175 anni, il coinvolgimento di 4 nazioni. Sembra l’inizio di un film di spionaggio anni ‘80, ma purtroppo è la vicenda reale di Julian Assange, giornalista di origini australiane nonché fondatore della piattaforma wikileaks. A parlare di questa storia dai contorni oscuri sono stati la giornalista d’inchiesta Stefania Maurizi e Stella Morris, moglie di Julian. E’ la moglie stessa a denunciare le numerose violazioni dei diritti umani commesse in questo processo: attualmente il giornalista si trova nel carcere di massima sicurezza inglese di Belmarsh senza che nessun verdetto giuridico lo reputi colpevole e un’inchiesta condotta in Spagna ha rivelato come gli Stati Uniti progettassero il suo rapimento o perfino il suo assassinio. La Morris ha poi ringraziato chiunque si sia impegnato in questi anni per la libertà del marito, tra questi anche la giornalista Maurizi che ha voluto fare chiarezza tramite un reportage giornalistico, contenuto nel suo libro Il potere oscuro. In primo luogo l’autrice ha evidenziato l’enorme difficoltà nel reperire documenti inerenti il caso Assange e che solo grazie al governo svedese ne è riuscito a ottenere qualcuno, mentre quello inglese e quello statunitense si sono rivelati poco trasparenti. Il motivo di questo accanimento giudiziario, secondo la Maurizi, è dovuto al fatto che Assange ha sbugiardato la propaganda americana dominante sui nostri mass media da decenni e gli USA nelle numerose guerre condotte in questi anni si sono macchiati di atroci crimini di guerra dei quali non saremmo mai venuti a conoscenza senza lo scandalo wikileaks. Questa conferenza molto toccante si è conclusa con un appello di speranza, ovvero che con la nuova amministrazione Biden ci possa essere un’inversione di rotta positiva in questo processo in cui a regnare è il dubbio.