L’Egitto ha saputo valicare la caducità del tempo, è questo il messaggio che il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, ha voluto trasmettere nella conferenza tenutasi la seconda giornata del SalTo23 in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro “Alla ricerca di Tutankhamun”. Accompagnato sul palco da Massimo Sideri, Greco ha messo l’accento sul parallelismo creatosi tra la figura di Tutankhamun, che ha avuto un ruolo marginale durante il suo impero e Howard Carter, archeologo ed egittologo mai completamente apprezzato in vita ma che ha permesso alla tomba del faraone di raggiungere i nostri tempi.
L’attenzione si è spostata in seguito sull’incontro piuttosto cruento tra questi due. Carter condusse anni di ricerche nella Valle dei Re fino a che nel 1922 venne trovato il primo gradino che portava alla tomba. Greco riporta quanto testimoniato da Carter durante il ritrovamento. Egli si è trovato di fronte a tre coperchi in quarzite prima di arrivare all’ultimo, in oro massiccio, che conteneva il corpo del faraone. Ciò che non si aspettava era di trovare un sarcofago completamente cosparso di unguenti solidificati, che non permettevano alla mummia di essere staccata ed estratta dalla maschera. Per risolvere il problema Carter nel novembre del 1925 optò per una soluzione drastica: tagliare la testa a Tutankhamun. La decapitazione avvenne con l’uso della fiamma ossidrica, che portò al danneggiamento della maschera, la quale impiegò due mesi per essere restaurata.
Grazie alle ricerche condotte dalla BBC per il documentario “Tutankhamun Post-Mortem” si è scoperto che la tomba era già stata precedentemente violata. L’ aggressione al corpo di Thutankamun è in atto purtroppo ancora oggi soprattutto nel caso di studi specifici, riguardanti le analisi del sangue o del DNA.
Sideri ha poi evidenziato come ci sia una sorta di fascino innato per l’Egitto, condiviso da tutti. Questa consapevolezza si è fatta strada anche in Greco quando, al Museo Nazionale dell’Antichità di Leiden (Olanda) ha notato un’affluenza di visitatori che può competere solo con la Cappella Sistina. La ragione di questa passione è che l’Egitto riporta il passato al presente in maniera preponderante e ci trasmette un senso di immortalità per l’accuratezza con cui sono ancora oggi conservati gli oggetti e i luoghi. Per quanto riguarda l’origine della sua personale passione, Greco, afferma che è nata con la lettura di due libri che lo hanno segnato: “La scoperta di Troia” di Schliemann e “Le memorie di Adriano” di Yourcenar.
La discussione è proseguita chiedendo al protagonista dell’evento se in un futuro più o meno lontano sarà possibile aspettarsi una scoperta al pari di quella della tomba di Tutankhamun. Secondo Greco, bisognerà aspettare ancora diversi anni. Il politecnico di Torino è stato in grado di analizzare il luogo del ritrovamento della tomba e di ipotizzare la presenza di uno spazio che potrebbe essere quello della regina Nefertiti. Finché questa supposizione non sarà confermata, nessuno scavo potrà avere inizio. Nonostante questo, Greco si ritiene ottimista riguardo all’esito di queste ricerche.
A concludere l’incontro è stato l’annuncio dell’apertura di una nuova area al Museo Egizio di Torino, quella definita come la “nuova agorà”: si parla di un’estensione di 975 metri quadri al piano terra, e di quasi 1000 al piano ipogeo, accessibili a tutti in maniera gratuita, in modo da avere una diversa area di fruizione del museo, un’area di dialogo. L’unica cosa che Greco considera mancante al museo egizio è proprio l’Egitto e per questo il progetto vede la creazione di un tipico “giardino del piacere”.