“L’adolescenza è uno stato intermedio ma anche un vuoto, è l’assenza di quello che eravamo e di quello che diventeremo ed è pericolosamente indefinita”
Nella giornata di venerdì 15 ottobre, in occasione del Salone del Libro di Torino, l’autrice del romanzo Mandibula, Monica Ojeda, e la moderatrice Elena Varvello hanno aperto l’incontro dicendo che avrebbero tentato di sintetizzare il libro, ma che questo non sarebbe stato facile, perché “quando un romanzo è così importante è quasi una violenza riassumerlo”.
Ed è proprio questo uno dei temi principali del libro: la violenza e, soprattutto, il rapporto che essa ha con l’amore. “Sembra che non possano mai venire a contatto ma non c’è nulla di più violento dell’amore”; si tratta di un sentimento così forte e passionale da potersi quasi trasformare in cannibalismo, amiamo così tanto l’altro che rischiamo di annullarlo.
Proprio da questo deriva il titolo, Mandibula, che va metaforicamente a delineare quella forza che porta spesso l’affetto a sfociare nella violenza, come il coccodrillo che, serrando la mascella per proteggere i piccoli al suo interno, potrebbe finire per far loro del male.
Il limite è dunque facilmente valicabile, è semplice passare “dalla carezza allo schiaffo”. Ciò si può chiaramente riscontrare, all’interno del romanzo, nei numerosi rapporti tra migliori amiche, tra madri e figlie, tra insegnanti e alunne, relazioni ambigue in cui prevale l’idea del possesso e dove spesso le gerarchie si invertono e la “vittima” diventa l’aguzzino.
“Le ragazze sono più intelligenti. Sanno camuffare la fame di violenza dietro una finta ingenuità”. Gli adolescenti hanno un potere enorme e lanciano una continua sfida al mondo degli adulti, che “non sono riusciti a fare quello che loro faranno” e i genitori hanno paura di loro, di ciò che possono fare e del fatto che le cose possano finire male. Per questo motivo, spesso cercano di imporre la propria autorità e di raggiungere quel controllo che temono di non riuscire ad avere. Le medesime modalità di prevaricazione si rispecchiano nelle dinamiche di gruppo, dove i giovani, tentando di raggiungere una situazione di parità, finiscono per piegarsi di fronte alla necessità animale di avere una figura dominante i cui rispecchiarsi. E’ questo il mistero indicibile dell’adolescenza, che Monica Ojeda vuole mettere in risalto tra le pagine di un romanzo, da non rinchiudere entro i confini di un determinato genere letterario.”Non dobbiamo chiuderci in gabbie. La scrittura, come il pensiero, salta da una parte all’altra in modo anche casuale. C’è molta creatività nella casualità”.
Mandibula infatti non tratta soltanto temi come l’adolescenza e le relazioni umane ma propone anche, attraverso il saggio che una delle protagoniste, Annalise, scrive per la professoressa Clara, una riflessione più ampia su ciò che la letteratura sta diventando e sul significato che oggi assume.
“Ci siamo avvicinate alla letteratura non per amore dell’arte ma perché volevamo spaventarci davvero e i libri fanno molta paura: non puoi vedere le cose che raccontano ma solo immaginarle”.