“La zuppa era così sottile e acquosa che passa anche attraverso la paura.”
È una frase del nuovo romanzo di Antonio Albanese, La strada giovane, presentato con affetto e ironia al Salone del Libro di Torino, insieme all’amico di sempre Claudio Piersanti.
“Ci conosciamo da più di trent’anni”, racconta Antonio, “Claudio è stato lo sceneggiatore del mio primo film con Carlo Mazzacurati. Da lì siamo diventati amici veri, serate insieme, chiacchiere, risate. Un pezzo di vita”.
Il libro, però, nasce da un’altra parte: dal dolore della guerra, dalla fame, dalla paura. È la storia di Nino, un ragazzo che attraversa l’orrore e torna al suo paese senza essere più riconosciuto. “Mi sono innamorato di lui”, dice Albanese. “Nino è un giovane eroe, di quelli veri, che resistono e cambiano. Il romanzo parla ai ragazzi, perché è a loro che voglio raccontare questa storia”. I nomi dei personaggi? Tutti presi dai parenti. Il paese? Un luogo del cuore. Lo stile? Quello di Antonio: lento, curato, personale.
“Magari in sei mesi cambio solo una parola. Ma quella parola può cambiare tutto”.
Piersanti ricorda un racconto del padre sulla guerra e dice: “Anche i buoni, in guerra, diventano cattivi”. Albanese annuisce. Lui la guerra l’ha studiata a fondo e ora sogna di portare il libro nelle scuole: “Vorrei parlare ai ragazzi di un ragazzo che diventa eroe. Questo mi emoziona”.
La strada giovane diventerà anche un film. Antonio lo dirigerà. “E magari farò il ferroviere”, sorride. “Il formaggiere no: serve un attore più anziano. Io ho 60 anni ma ne dimostro 42. Non va bene!” Intanto, dopo aver raccontato così tanto la fame, sta lavorando a un nuovo personaggio: sarà un nutrizionista. Anche questa, in fondo, è una forma di cura.