Nella suggestiva atmosfera del cortile del Castello Estense, sulle note della chitarra del cantautore italiano Vasco Brondi, la seconda giornata del Festival di Internazionale volge al termine con l’intervento della scrittrice Daria Bignardi, che presenta la sua ultima pubblicazione Ogni prigione è un’isola (Mondadori, 2024).
L’autrice, che dal 1998 frequenta l’ambiente carcerario, pone all’attenzione del pubblico la propria esperienza personale, veicolata tramite sia la lettura di alcuni passi significativi della storia sia il racconto delle origini del romanzo, in cui per la prima volta la vita all’interno delle carceri italiane viene affrontata dal punto di vista di un osservatore esterno. Ma come osservare da fuori ciò che tutti odiano, o al massimo amano solo se riguarda altri?
Attraverso un esercizio di empatia che si può praticare solo in una condizione di isolamento, come quella in cui è avvenuta la stesura del romanzo sulla remota isola siciliana di Linosa. Solo in questo modo Bignardi ha potuto immedesimarsi nei carcerati, i cui giorni, ammassati nelle celle ma relegati dal resto del mondo, trascorrono lenti in una dimensione di lontananza tanto fisica quanto spirituale. Questo sicuramente causa la difficoltà dei detenuti nel riconoscersi in un mondo che pare essere andato avanti, lasciando tutti loro isolati in un micromondo che, seppure incastonato nella variegata compagine della società, ne resta di fatto escluso.
Quindi, con questo romanzo, l’autrice si propone l’obiettivo di superare le immagini tristi e cupe che esprimono tale isolamento nella solita narrazione della realtà carceraria. Una realtà non diversa da quella al di là delle sbarre, malgrado gli stessi carcerati non ne abbiamo contezza. E questo provoca una continua ed inestinguibile sete di realtà. Dentro e fuori.