Cronache, Salone del Libro 2024

In quale museo passeresti la notte?


Caterina Garello

Liceo Classico Vittorio Alfieri - Torino

In quale museo passeresti la notte? Questa la domanda con cui Melania Mazzucco, curatrice della sezione arte del Salone del Libro 2024,  inizia il secondo incontro della serie “L’arte da leggere”. Solo nel silenzio e nella solitudine della notte è infatti possibile percepire i pensieri, gli interrogativi e la realtà che ogni artista lascia nelle proprie pennellate. È attraverso questa percezione che si instaura un profondo dialogo con le opere, che è ancora più profondo per chi con le opere ci vive e si confronta, come Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese di Roma e autrice del saggio Le Belle, edito da Mondadori. Ogni giorno la direttrice entra in relazione con grandi capolavori che cerca di comprendere e collocare, provando ad interpretare gli antichi desideri del fondatore. Per Cappelletti è fondamentale riuscire a raccontare a fondo e in maniera corretta l’antico, ricostruendo gli ambienti, le realtà e le storie che stanno dietro ad ogni opera, anche la più piccola. Per lei questo non significa ignorare l’attualità, ma evitare la decontestualizzazione delle opere e colmare le lacune del nostro passato, fondamento dei cambiamenti che hanno portato all’oggi. “È inutile stare di fronte all’arte senza osservarla e studiarla”.

Le opere di un museo però non sono solo i quadri, le sculture, le installazioni, ma anche le cornici, le stanze, i custodi, che costituiscono il suo stesso ecosistema. Il museo non è dunque un “cimitero”, né “la discarica di ciò che non è più vivo”. Dal momento che “vivere tra le opere d’arte significa vivere meglio”, per Melania Mazzucco è giusto intendere il museo come un luogo di benessere, non da visitare ma da vivere: uno spazio accessibile. I musei dunque respirano, cambiano e ci appartengano, tuttavia continuano a rimanere “il contrario di un centro commerciale”. In questo possiamo guardare gratis merce che non possediamo, nel museo dobbiamo pagare per contemplare ciò che ci appartiene come comunità, come specie umana.  

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