Cos’è il genocidio armeno?
Tra il 1915 e il 1916 un milione e mezzo di armeni vennero sterminati ad opera dell’Impero Ottomano che, sfiorato il collasso del suo potere e del suo predominio su Libia, Grecia e Paesi Balcanici che via via rivendicavano la loro indipendenza, voleva dimostrare la sua forza sottomettendo un’altra popolazione. Tuttavia, se si consultano gli archivi storici risalenti al periodo, le morti di numerose persone risultano essere state insabbiate.
Non unico nel suo genere è il caso armeno: durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti, per nascondere le atrocità della Shoah, installavano e pubblicizzavano campi di transizione denominati “SPA” finalizzati a giustificare agli Stati vicini la scomparsa di numerosi ebrei. Queste vicende sono realtà alternative, perchè il negazionismo non si limita ad occultare la verità dei fatti, ma ne produce anche di nuove, fittizie. Come sostiene Taner Akçam, storico e sociologo turco, autore del libro Killing Orders. I telegrammi di Talat Pasha e il Genocidio Armeno, “il confine tra negazionismo e verità col tempo tende ad essere sempre più confuso”.
Purtroppo il genocidio armeno risulta spesso essere un semplice punto di vista tra due distinte visioni, quando in realtà la verità storica è solamente una. Di fatto, come sottolinea Siobhan Nash-Marshall, studiosa di filosofia teoretica, il ruolo dello storico è di riconoscere la menzogna creata appositamente per offuscare la verità e di individuare l’intento genocidario. Non sempre sono eticamente accettabili due prospettive su uno stesso accaduto, infatti esiste una distinzione tra il raccontare una storia e una bugia: “il negazionismo non è un’opinione sbagliata su fatti storici”, come afferma Akçam. È invece un costrutto ideato con l’intenzione di edificare apparati mentali capaci di persuadere le persone alla nuova verità del governo turco, inattaccabile attraverso delle semplici prove riportanti dati oggettivi sulle morti. Per disfare un mito e sradicare una struttura apparentemente impenetrabile l’unica soluzione è vincere la lotta al potere.
La diplomazia non è sufficiente ad abbattere la realtà teorica-politica che stava alla base del genocidio armeno e che tutt’ora fonda l’attuale governo turco, perciò occorre promuovere il dibattito pubblico con lo scopo di favorire una responsabilizzazione individuale. Tuttavia, per ottenere un cambiamento concreto e favorire la democratizzazione del Paese sono fondamentali sia la pressione da parte della Comunità Internazionale sia quella dell’opposizione interna. Dopo l’uccisione di Hrant Dink, giornalista turco di origini armene, avvenuta nel 2007, impegnato nella lotta per la verità sul genocidio, la sensibilità sul tema ha cominciato a crescere e sempre più nazioni hanno cominciato a riconoscere l’autenticità dello sterminio.
L’autore dichiara di essere consapevole del fatto che il suo libro non cambierà la situazione della Turchia, ma il suo messaggio certamente denota un amore per la libertà e la giustizia, nonché un pretesto per l’acquisizione di una maggiore consapevolezza.
D’altronde “Il negazionismo non si abbatte urlando: “hai torto”, ma cercando la verità”.