Internazionale Ferrara 2024

Il coraggio di non arrendersi


Sara Baroncelli, Francesca Coppeta

V. Alfieri, L. Ariosto - Torino, Ferrara

“Racconto di sguardi che nessuno vede normalmente nella vita”: così viene introdotto il progetto realizzato dal fotografo Antonio De Matteo in collaborazione con Amnesty International Italia. Oggi nella giornata di venerdì 4 ottobre, presso il Ridotto del Teatro Comunale, si è tenuto l’incontro con il giornalista e moderatore Luigi Mastrodonato riguardante le vittime morte ingiustamente per mano dello Stato. Laura Renzi ha spiegato che il progetto ha diversi obiettivi: come denuncia delle morti immotivate e spesso incomprensibili, come sostegno alle famiglie che hanno vissuto in prima persona questi soprusi e infine come monito per non dimenticare. Mastrodonato ha deciso di dare una struttura circolare all’incontro, iniziando il convegno trattando della pena di morte invisibile all’interno delle carceri e concludendolo riportando alcuni dati che testimoniano l’occultamento delle reali cause di morte, tra cui il suicidio e ND (non definito).

La prima a testimoniare la sua esperienza è stata Elena Guerra, sorella di Mauro Guerra, che nel 2015 si trovava in questura poiché gli era stato imposto un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) a cui non voleva sottoporsi. Per questo motivo Mauro è  fuggito, ma durante la fuga è  stato colpito mortalmente da un proiettile d’arma da fuoco. Tutta questa vicenda  è stata insabbiata con una colluttazione da parte del giudice. Elena ha affermato che la sua reazione immediata dopo l’accaduto è stata  l’ira causata sia dal torto subito sia dalla verità occultata. Proprio questo sentimento le ha dato la forza di iniziare una battaglia per ritrovare la verità effettiva e non processuale, che aveva fatto risultare il fratello carnefice della sua stessa morte. Fa riflettere come la famiglia di Mauro non abbia mai ricevuto delle scuse personali né dalle forze dell’ordine né da nessun esponente istituzionale. 

In seguito, è stato preso in causa il caso di Aldo Bianzino, portato in carcere per qualche foglia di cannabis e ritornato a casa in una bara. Purtroppo il testimone Rudra Bianzino, figlio della vittima, non era presente, ma ha lasciato da leggere una lettera con la sua testimonianza. Impressiona come Rudra, dopo così tanti anni, ricordi ancora che durante l’ultimo abbraccio con il padre abbia provato sensazioni viscerali e premonitrici della tragedia che da lì a poco si sarebbe verificata.

L’incontro si è concluso con l’invito verso gli spettatori a presenziare alla mostra fotografica che si terrà a Torino durante il mese di novembre, per collaborare nella lotta attivista portata avanti dai familiari.

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