È con un’entusiasmante accoglienza che il pubblico della Sala Oro ha accolto Paolo Sorrentino al SalTo 2024, sabato 11 maggio, quando ha dialogato con Francesco Piccolo. Comiche le risposte del regista: afferma che il cinema non gli piaccia, nonostante l’incontro sia incentrato appunto sul suo ultimo film.
Nonostante la lunga carriera, si dichiara “impaziente in ogni attività che usa svolgere“, e, nonostante la mastodontica produzione, afferma che, come bastano cinque o sei libri per educare un uomo, così cinque o sei film sono sufficienti.
Il cinema è uno strumento educativo? “Solo se trasmesso con il riso ed allegria” prosegue il regista e consiglia a coloro che, come lui stesso, sono quasi perennemente stanchi a causa del proprio lavoro, di ridere anche quando irritati.
Si potrebbe dunque descriverlo come il regista della felicità? Egli si racconta maturato nel corso della propria carriera, mantenendo stabili alcune celebri caratteristiche: il ritmo lento della narrazione e le scene di dialogo anteposte alle scene di azione. Il regista cerca di autocorreggersi, senza parlare poi dello stretto legame tra il cinema e la letteratura, ritrovabili in ogni dialogo.
Cita soprattutto il libro “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg, insieme alle opere-guida di Céline, Bukowski, e molti altri libri senza collegarli all’intera produzione dell’autore.
Sorrentino sa bene come le emozioni siano parte essenziale di un buon film, preferibili anche a quei trucchi del mestiere atti a conquistare il favore del pubblico o della critica.
Il suo momento preferito sul set, afferma, è quando accade un imprevisto, perché dopo una carriera tanto lunga, per quanto celebre, ogni routine rischia di diventare noiosa; d’altronde l’esperienza, così come in ogni altro campo, porta vantaggi: l’abilità nel prepararsi o nel saper rispondere ad ogni domanda o ancora il fronteggiare – e saper apprezzare – le uscite “fuori programma“.
Nonostante la passione per gli imprevisti, Sorrentino sembra consigliare in base ai propri gusti il silenzio come perfetto terreno di coltura per idee o intere opere. Afferma di aver imparato a non condividere le bozze delle opere con molte persone, ma di concentrarsi sulle opinioni dei più fidati “senza basarsi mai troppo sulle critiche”.