“I modelli femminili sono sempre una parte di noi”. Questa la frase di apertura dell’incontro di domenica 21 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino, dove hanno dialogato Elena Favilli, scrittrice di Storie della buonanotte per bambine ribelli (Mondadori), e Randa Ghazy, scrittrice di La mia parola è libera (Rizzoli).
Elena Favilli comincia il dialogo affermando che i primi modelli femminili che i bambini incontrano sono quelli presenti nel contesto familiare. La scrittrice racconta di sua madre come di una donna molto bella, esempio di una femminilità tradizionale. Nel modello rappresentato dalla madre, Elena non si è mai ritrovata: aveva un rapporto più conflittuale con il suo corpo e non si sentiva aderente al modello di femminilità classica.
Randa Ghazy ha come punto di riferimento una madre molto diversa rispetto a quella della collega, ma decide di soffermarsi soprattutto sul divario tra ciò che vedeva a casa sua e quello che sentiva in Italia riguardo alle donne musulmane. Ciò ha causato una grande sofferenza, che ha voluto raccontare nelle sue storie. In una di queste propone la figura di Georgina Rizk, la prima Miss Universo araba. La sua storia è molto particolare e reputata importante dalla scrittrice perché, sposando negli anni ‘70 un uomo musulmano palestinese e rinunciando ad una possibile carriera nel mondo dello spettacolo, ha rifiutato ciò che la società voleva da lei.
La scrittrice di Storie della buonanotte per bambine ribelli ha aggiunto che di storie come questa si sente parlare poco: si tratta soprattutto di femminismo occidentale, di stampo americano ed europeo. Solo di recente, si è cominciato a parlare di femminismi al plurale, sottolineando come, nel mondo, uno stesso movimento possa declinarsi in maniere diverse. Hanno aspetti in comune, come la lotta per la parità di genere e per l’emancipazione riguardante la classe sociale e l’etnia. Ci sono, però, tante differenze. In occidente, ad esempio, il velo viene considerato come un simbolo di oppressione e sottomissione della donna, ma le donne arabe non lo considerano tale. Loro lottano contro il patriarcato e contro i regimi a cui sono assoggettati. L’oppressione non è legata al velo, ma al tipo di società, al fatto che i loro paesi sono stati occupati o bombardati.
Le dittature di questi paesi controllano anche la cultura: prima di essere pubblicati o diffusi, i libri devono essere approvati. Il libro di Elena Favilli infatti è stato messo al bando, prova del fatto che avviene un controllo anche su testi per bambini. È proprio attraverso l’educazione che viene impartita, sia dai genitori che dalla scuola attraverso i libri, che l’individuo si forma. Da qui l’importanza di trasmettere, grazie agli scritti, una fotografia della realtà in tutti i suoi aspetti.