Cronache, Internazionale Ferrara 2024

Fare scuola o fare la scuola?


Petra Orecchia, Licia Squerzanti

Liceo Alfieri, Liceo Ariosto - Torino, Ferrara

Le scuole non sono abbastanza inclusive: ce lo hanno spiegato l’insegnante Christian Raimo, autore del libro Alfabeto della scuola democratica (Editori Laterza, 2024) e gli insegnanti e scrittori Franco Lorenzoni e Roberta Passoni, autori del saggio Cinque passi per una scuola inclusiva (Erickson, 2019), nell’evento intitolato Alfabeto, tenutosi alle ore 17.30 del 4 ottobre presso l’Ex teatro Verdi. 

L’incontro è iniziato da una riflessione riguardante le parole inclusione e scuola democratica, alle quali spesso non è attribuito il giusto valore. Quanto a questi temi, dal ‘77 ad oggi, sono stati compiuti notevoli passi in avanti, ma non sono stati sufficienti. Nell’ambito dell’educazione degli studenti con disabilità, un professore di sostegno non rappresenta una “copertura”, definizione tanto amata dai collegi dei docenti, che puntano ad affidare un’eccessiva responsabilità a una sola persona, che, per di più, non sempre è stata formata adeguatamente. Gli alunni con disabilità vengono spesso identificati unicamente con le loro patologie: ne è prova il fatto che, anziché attendere di incontrare per la prima volta un ragazzo con disabilità, gli insegnanti si rivolgono immediatamente a medici e psicologi. Ogni forma di differenza, quindi, viene anteposta alla relazione con la persona e sottolineata, mentre gli aspetti che possono accomunare questi studenti a quelli “standard” non sono affatto presi in considerazione. Queste problematiche, purtroppo, si riscontrano in diversi istituti di tutti i gradi, in particolare nei quartieri dove sono nate quelle che Lorenzoni ha chiamato “scuole-ghetto”, frequentate quasi esclusivamente da stranieri ed evitate invece dalle famiglie italiane. Tutte queste circostanze concorrono a delineare per i ragazzi con disabilità una categoria di alunni di serie B. 

In che cosa dovrebbe consistere, allora, una vera scuola democratica? Lorenzoni ha risposto presentando l’esempio di Célestin Freinet (1896 – 1966), pedagogista francese ideatore di un metodo di istruzione garante della differenziazione didattica e della scuola popolare. Alla base di questo sistema c’è l’organizzazione di un piano di lavoro che consenta l’emancipazione degli studenti e possa renderli individui liberi e capaci di compiere delle scelte. Oggi questa operazione dovrebbe essere effettuata attraverso il P.E.I (Piano Educativo Individualizzato), che però si limita a una pura questione burocratica, rimanendo una sigla senza significato: far recuperare agli alunni con disabilità intellettiva il programma scolastico non è la soluzione. Al contrario, valorizzare i loro punti di forza, qualunque essi siano, dovrebbe essere prioritario, perché, come ha detto Passoni, bisogna riconoscersi “portatori di qualcosa” prima di affrontare le nostre debolezze. In questa prospettiva, i centri dell’istruzione dovrebbero essere luoghi di crescita personale, dove la cultura assume un ruolo curativo e consente a docenti e ragazzi, tramite il dialogo, di conoscere sé stessi oltre alle materie insegnate, come evidenziato da un intervento del pubblico. 

Per rendere democratica la scuola, in conclusione, è necessario l’impegno dei docenti nell’intrecciare rapporti umani con le classi, sfruttare al meglio gli organi collegiali e restituire all’istruzione un ruolo centrale nel nostro Paese.  

 

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