Do, das, dedi, datum, cosa data. Data da qualcuno, prodotta da un essere umano che ha deciso di osservare, quantificare e classificare un fenomeno. Questa la definizione di “dato” che oggi la giornalista, docente universitaria e divulgatrice Donata Columbro ci ha offerto al Bookstock del Salone.
Il dato non può essere considerato una verità assoluta, ma tanto discutibile quanto un’opinione. Un prodotto per la maggior parte politico. È qui che nasce la discriminazione nei dati, argomento dell’ultimo libro della giornalista Quando i dati discriminano, edito da Il Margine.
Dietro a ogni dato ci sono persone, ognuna con la sua vita e le sue peculiarità, che un semplice dato non è in grado di analizzare nel complesso, ma uno disaggregato sì. Sta a noi dubitare sempre anche del più obiettivo dei numeri. È importante inoltre ricordare il processo che si nasconde dietro l’elaborazione e la richiesta di dati. Ad esempio, quelli personali, a seconda delle situazioni possono essere fonte di discriminazione o abusi, piuttosto che di necessità ai fini di una ricerca corretta e completa. Il singolo dato nasconde in sé diversi bias che, se portati alla luce, permetterebbero di quantificare realtà troppo spesso messe in secondo piano o denunciare discriminazioni.