“La mia fragilità è la mia forza” afferma Giovanni Allevi, compositore, pianista e scrittore italiano, durante l’evento tenutosi il 10 maggio presso la Sala Oro del Salone del Libro di Torino.
Acclamato e conosciuto a livello mondiale, Allevi racconta ai presenti come, in realtà, abbia più volte pensato di abbandonare la scena pubblica, ritirandosi nella composizione musicale: il dolore alla schiena ed il tremolio alle mani dai quali era costantemente affetto gli impedivano di suonare a cuore aperto, trasmettendo agli ascoltatori forti emozioni.
Un dolore, tuttavia, che non ha carattere solo fisico, bensì detiene una forte connotazione psicologica: l’ansia, l’angoscia, il terrore di non essere performante si erano in lui trasformati in un vero e proprio tormento, che ha raggiunto il suo apice durante il concerto di Locarno del 7 aprile di quest’anno.
In che modo, allora, superare le sfide che la vita ci pone inevitabilmente davanti? Domanda che il compositore, negli ultimi difficili anni, si è posto numerose volte, e alla quale può, finalmente, rispondere.
“Il segreto” – racconta al pubblico- “risiede nel comprendere che siamo tutti esseri umani, e in quanto tali commettiamo sempre errori”: è necessario, ogni tanto, fermarsi e ripetersi che è giusto non stare sempre bene per poi cambiare prospettiva, adottandone una nuova, positiva, di visualizzazione psicologica.
“Durante il concerto di Trento, uno dei più belli della mia vita, ho fatto così. Mi ripetevo frasi come “che bello che non mi tremano le mani!”, o ancora “che bello che non ho paura!”: così il pianista porta il suo dolore sul palco, trasformandolo in un’esecuzione ancora più intensa, profonda e passionale.
Nel suo tour, d’altronde, non intende essere il solito Giovanni che suona la musica, ma Giovanni che, attraverso la musica, porta le sue fragilità ed insieme al pubblico, si mette a nudo, intraprendendo un percorso comune di ascolto ed abbraccio delle proprie vulnerabilità, che diventano presto forze e punti di ripartenza.
“Perchè d’altronde” – spiega – “vi è una grande differenza tra accettare ed accogliere il dolore”: quando lo si accoglie, infatti, siamo noi a prendere l’iniziativa, assumendo un ruolo attivo”. Possedere il dolore, e non esserne posseduti, diventa così il mantra di Allevi, che si impegna in un percorso di meditazione, al fine di essere maggiormente in contatto con se stesso. Grazie a questa pratica, non solo assume maggiore consapevolezza del suo dolore, ma impara anche a gestire i pensieri che ne derivano.
Sono due le correnti filosofiche che lo guidano nel suo percorso meditativo: la prima, appartenente a Thich Nhat Hanh, basata sul totale abbandono dei pensieri, così da vivere nel presente, e la seconda, che prevede invece un loro immediato travolgimento, così da decostruirli e renderli insignificanti.
Per lui meditare diventa così un atto di dialogo interiore, attraverso il quale è possibile cogliere una bellezza nascosta nelle piccole cose della vita.
Solo così sarà possibile essere felici indipendentemente dall’ambiente circostante e dalle preoccupazioni che scaturiscono inevitabilmente, liberi da ogni tipo di riguardo nei confronti del giudizio altrui. “Ciò che è fondamentale non è che stare bene con se stessi, essere felici”.
Esempio lampante è il momento della sua diagnosi, avvenuta nel 2022, quando per lui non diventa fondamentale sapere di cosa si trattasse, cosa fosse un “mieloma multiplo”, ma trasformare queste parole in una dolce melodia, seguendo la tecnica di Bach.
La degenza in ospedale non è stata per niente semplice. “Il momento più doloroso è stato quando, guardandomi allo specchio, ho trovato nel mio sguardo il buio che scende negli occhi di cui parlava Omero. Il buio di chi si trova faccia a faccia con la morte, e si sente comunque, nonostante tutto, un eroe”.
Proprio Omero, d’altra parte, sarà per lui fondamentale durante quegli interminabili giorni costretto a letto: grazie alle sue parole, comprenderà l’universalità del dolore, e riuscirà a sentirsi meno solo.
La cultura, la filosofia, la letteratura, la storia ci sono più vicine di quanto possiamo immaginare, e ci riportano ad essere uomini fragili: usciamo dalla dicotomia a noi imposta dalla società, non lasciamoci definire da numeri e giudizi, e non definiamoci né vinti, né vincitori.
Commosso, Allevi termina l’incontro con un potente inno alla gioia, che travolge l’animo dei presenti: “Oggi, il mio cuore esplode di felicità, ho vinto.”