Cantica
Canto
Perché è importante leggere questo canto ancora oggi?
Dante e Virgilio scendono dal primo al secondo cerchio dell’Inferno, che accoglie le anime dei lussuriosi, condannati a essere travolti e trasportati dalla bufera infernale. Figure centrali del canto sono senz’altro i due innamorati che anche dopo la morte rimangono insieme e stretti in un abbraccio si fanno trasportare dalla bufera: Paolo e Francesca. Sono proprio loro i protagonisti delle terzine più celebri della lirica d’amore di tutti i tempi e sono la manifestazione dei principi che ispirano tutta la cultura cortese medievale.
Con l’utilizzo di una triplice anafora Dante dimostra come l’Amore sia il soggetto del canto ma non solo, si tratta di una vera e propria “signoria” con delle leggi ben definite che vengono rispettate fedelmente da Francesca e da tutti coloro che perseguono l’amore cortese. La donna si rifà alla dottrina, in parte ripresa dallo Stil novo, basata su alcuni concetti-pilastro: il trionfo dell’amore avviene soltanto nel cuore gentile e nobile, non di stirpe ma di sentimenti, mentre si allontana dall’animo volgare (“amor che al cor gentil ratto s’apprende”) e questo sentimento è talmente forte e puro, quasi sovrumano, che non può essere rifiutato tanto che l’amato è spinto ad amare (“amor ch’a nullo amato amar perdona”).
Alcuni dei concetti che vengono espressi in questi versi della Commedia, in realtà, sono già presenti nella Vita Nova in cui Dante stesso scriveva: “amore e ‘l cor gentile sono una cosa sola”. Nelle parole di Dante pronunciate per bocca di Francesca, però, si denota una evidente influenza di scrittori a lui contemporanei tra cui Andrea Cappellano con il suo “De amore” in cui scriveva: “nessuno può amare se non è spinto dalla forza dell’amore” e ancora “l’amore non può rifiutare l’amore”. Evidente, ancora, è l’influenza di un suo grande amico poeta nonché stilnovista, Guido Guinizzelli che in una sua canzone recitava: “Al cor gentile rempaira sempre amore”.
Il finale del canto non è casuale: Dante sviene a causa dell’immensa commozione e pietà che lo colgono. Intende in questo modo dimostrare la sua “duplice pietà” e il suo duplice pensiero e, per la prima volta nella Commedia, dimostra di essere parte del racconto e di essere legato moralmente e sentimentalmente alle vicende narrate. Da un lato, infatti, Dante capisce la situazione delle due anime -che sono state condannate e uccise per amore- mettendo così in luce il suo lato umano-sentimentale, ma allo stesso tempo sa che non può perdonare l’adulterio, mettendo così in luce la sua anima razionale-problematica. La pietà di Dante nasce quindi dall’incontro tra il suo lato umano, soggetto alle tentazioni del peccato e quello spirituale che vuole vincere il peccato stesso e le condizioni che lo determinano.
Una terzina, o dei versi di Dante da conservare
“Amor, che al cor gentil ratto s’apprende”
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”
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Dante e Virgilio scendono dal primo al secondo cerchio dell’Inferno, che accoglie le anime dei lussuriosi, condannati a essere travolti e trasportati dalla bufera infernale. Figure centrali del canto sono senz’altro i due innamorati che anche dopo la morte rimangono insieme e stretti in un abbraccio si fanno trasportare dalla bufera: Paolo e Francesca. Sono proprio loro i protagonisti delle terzine più celebri della lirica d’amore di tutti i tempi e sono la manifestazione dei principi che ispirano tutta la cultura cortese medievale.