Oggi, giovedì 9 maggio 2024, abbiamo assistito ad una conferenza tenutasi nella Sala Internazionale del Salone del Libro di Torino con Christophe Boltanski e Carlo Greppi riguardo il libro “King Kasai”.
“Una traccia non è tanto la prova di una presenza ma di assenza” scrive Christophe Boltanski nel suo nuovo libro “King Kasai”.
Lo scrittore ci apre le porte ad un viaggio nell’African Museum di Tervuren in Belgio, che si distingue da tutti gli altri musei per il fatto che non cerca di ricordare, bensì di nascondere le ombre di un atroce passato coloniale, indelebile macchia della storia Belga e Congolese. Il suo viaggio parte dalla chiesa di Tervuren, dove riposano i corpi di sette congolesi che sono morti a causa del freddo e delle malattie mentre venivano esposti mostrati pubblicamente, creando una sorta di “zoo umano”. I nomi di queste persone vengono citati sia all’inizio che alla fine del libro, evidenziando la realtà atroce che sottostà a questa tragedia di cui protagonisti persone comuni, le cui storie danno vita alla grande Storia.
Successivamente Christophe Boltanski si addentra una notte nel museo, avendo come unica fonte di luce la torcia del proprio telefono, situazione che lo porta a concentrarsi sui dettagli a lui visibili fuggendo dalla messa in scena organizzata dal museo. La sua attenzione viene catturata dalla presenza di un elefante imbalsamato, cacciato dai coloni per essere esposto nel museo. Seguendo le tracce del cacciatore l’autore ci dà una visione della duplice faccia del colonialismo, sia dal punto di vista dei coloni che dei colonizzati.
Alcuni segreti però rimangono tali, tanto che l’autore ci confessa che avrebbe voluto dare più risalto alla storia del Congo e alla sua gente, rivalutando una visione eurocentrica dell’Africa impregnata di paura e ignoranza.