Cronache, Internazionale Ferrara 2024

Bello o brutto, buono o cattivo


Dunia Barin, Aurora Sgobino, Irene Matilde Ughelini

Liceo Ludovico Ariosto - Ferrara

“Io sono bella perchè sono, io sono brutta perchè sono”. 

Queste sono solo alcune delle emozionanti parole scritte da Moshtari Hilal all’interno del saggio Bruttezza (Fandango Libri, 2024). L’artista e scrittrice tedesca di origine afghana ha dialogato con il giornalista Daniele Cassandro sabato 5 ottobre presso il Festival Internazionale a Ferrara 2024.

Lavinia Azzoni si è occupata della traduzione del libro dal tedesco all’italiano: è interessante osservare come il significato e l’etimologia del titolo cambi da una lingua all’altra. In italiano, “bruttezza”, deriva dall’aggettivo latino “brutus, bruta, brutum”, con il significato di “selvaggio, animalesco”, portando alla disumanizzazione delle persona che si ritiene brutta. Invece, in tedesco, Hässlichkeit proviene da “hass” (“odio”), dando quindi l’idea che qualcosa di brutto sia anche qualcosa da odiare.

Anticamente la parola era legata ad un valore morale: la bellezza indicava la virtù, mentre la bruttezza rimandava al concetto di cattivo. Oggigiorno invece con questi due concetti intendiamo una serie di canoni e parametri imposti dalla società con lo scopo di catalogare le persone in base ai loro volti e ai loro corpi.

Ma quindi chi si può definire realmente brutto? Secondo l’autrice praticamente nessuno. Tuttavia, la maggior parte delle persone viaggia invano in quel limbo che si crea tra gli estremi bruttezza e bellezza, vagando continuamente senza mai raggiungere una meta precisa.

Nel libro si racconta la storia di una quattordicenne affetta da disabilità che inizia a comprendere il funzionamento della nostra società, accorgendosi di non corrispondere ai canoni imposti da quest’ultima. La stessa autrice ha vissuto un’esperienza simile che ha deciso di raccontare attraverso l’utilizzo di fotografie raffiguranti una piccola Moshtari. Oltre a questa forma di narrazione grafica e alla parte teorica, l’autrice ha scelto di adoperare la poesia in modo da raccontare tutto ciò che la semplice saggistica non può esprimere.

Al termine dell’incontro Moshtari Hilal ha voluto soffermarsi su un concetto: noi non siamo foto. Siamo volti, siamo corpi in movimento. Eppure quando immaginiamo la versione migliore di noi stessi, pensiamo ad un’immagine bidimensionale. Questo non descrive la realtà e soprattutto non descrive la nostra personalità e unicità, due concetti che vanno oltre la parola bruttezza.

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