Benedetta ha detto: “Mamma, la storia non mi rappresenta!”: parte da qui il dialogo tra Annalisa Cuzzocrea, Vicedirettrice del quotidiano La Stampa, e Annalena Benini, Direttrice editoriale del Salone del libro di Torino, all’incontro Scuola, potere alle parole. Il pensiero della differenza, che si è tenuto giovedì 10 ottobre al Circolo dei lettori, nell’ambito di Women and the City.
Il dialogo ha preso spunto proprio dalla frase della figlia di Benini, nella quale veniva espresso il disappunto nei confronti del giudizio che la storia formula nei confronti delle donne, ritenute “o le cattive dietro le quinte o delle grandi eccezioni”; un luogo comune, secondo cui solo gli uomini possono raggiungere grandi traguardi lasciando un’impronta decisiva. Tuttavia, finalmente, è sorto nelle nuove generazioni un desiderio, o addirittura un bisogno, di accelerare il processo per arrivare alla parità di genere. Il nemico più ostile, che si oppone a questa silenziosa ribellione, è la resistenza al cambiamento, causata, per lo meno in Italia, da una visione ancora conservatrice sulla donna e sul suo ruolo nella storia, supportata soprattutto dalla “pigrizia” mentale dei più.
Essendo un argomento che tocca noi studenti in prima persona, basandosi prima sulla propria esperienza e poi su quella dei propri figli, Benini e Cuzzocrea hanno suggerito alcuni cambiamenti da realizzare nel nostro sistema scolastico per colmare la disparità di genere, dove è ancora fortemente presente una formazione culturale nella quale le “cose serie” sembrano essere declinate sempre solo al genere maschile. Innanzi tutto è urgente e necessario rivedere i programmi di storia e letteratura, nei quali le donne non sono rappresentate se non per estemporanee eccezioni.
In secondo luogo, è fondamentale ripensare alla relazione tra adolescenti e adulti poiché, sebbene i ragazzi abbiano fiducia nel “mondo dei grandi”, spesso si sentono “demonizzati” da questi e portati a vivere in un costante stato d’ansia e pressione, la cui causa, secondo gli adulti, sarebbe da ricercare nell’uso spropositato dei social. Non sarebbe forse più coerente incolpare di quest’ansia le aspettative di cui veniamo caricati, le attese sui nostri risultati scolastici e sul nostro futuro?
A proposito di fiducia reciproca, si è parlato anche e a lungo su uno strumento pervasivo della nostra esperienza scolastica: il registro elettronico. E’ stato infatti indicato come un autentico strumento di controllo, da parte dei genitori sui propri figli, che limita il dialogo costruttivo tra studenti e insegnanti: la responsabilizzazione dei ragazzi è impossibile se vengono continuamente sorvegliati da qualcosa su cui non possono avere controllo.
La scuola dovrebbe dunque essere un autentico sistema democratico, basato sul dialogo tra studenti e docenti, sulla reciproca fiducia tra adulti e ragazzi, al fine di ricondurla al suo intento primitivo: essere un luogo dove sviluppare la fiducia in se stessi, ampliare le proprie conoscenze e stabilire relazioni autentiche.