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La 4DB incontra Annalena Benini (22 marzo 2024)


4 DB

Liceo Soleri Bertoni - Saluzzo

In occasione dell’incontro è stato letto un testo scritto da una studentessa, che prende spunto da una frase presente nel libro “Annalena”, scritto da Annalena Benini.

Il testo di intitola FRIVOLEZZA E SERIETA’

“Sono frivola e faccio i miei errori, spesso vivo le cose più da artista che da persona seria, ho anche un lato bizzarro e capriccioso e avventuroso. Ma mentre me ne sto seduta a questa scrivania, alla sera tardi, sento che in me c’è anche una grande, crescente serietà, una forza che spinge e indirizza, un tacita voce che mi dice cosa devo fare”.

La frase citata è stata scritta da Etty Hillesum, che pur essendo, secondo l’autrice, la musa ispiratrice di Annalena Tonelli, talvolta si definisce lei stessa una “pattumiera”, torbida, vanitosa e afflitta da un certo senso di inferiorità.

Se Annalena rivolgeva a terra la mediocrità comune, i desideri materiali e il corpo fisico per poter raggiungere un ricco amore spasimante verso tutto, a Etty piacevano il mondo e l’amore degli uomini, era curiosa e non aspettava altro se non essere amata e desiderata.

Ammetto che mi hanno particolarmente colpita e interessata il punto di vista e la sensibilità di Etty, tant’è che mi sarebbe piaciuto riscontrare maggiormente questo personaggio all’interno del capitolo: Esther Hillesum è stata una scrittrice olandese ebrea vittima dell’olocausto che, grazie al suo diario, insieme alle lettere scritte alle persone care, oltre a fornirci importanti testimonianze, ha trattato temi di straordinaria attualità, che ci fanno conoscere una donna fragile e vigorosa, spirituale e fortemente attaccata alla terra, amante della vita e anticipatrice di modi di essere e stili di vita che ancor oggi ci stupiscono.

Non riesco a capire se il suo essere, nei miei confronti, è più una zona comfort  oppure un rapimento a perdifiato: la bellezza dei baci, i capelli scombinati dal vento, le fotografie mosse, gli sguardi di intesa o interesse tra sconosciuti, l’arte o i desideri in tutte le forme possibili; ma allo stesso tempo la consapevolezza, la quotidianità, il nodo alla gola, la testa piena e le voci martellanti. Per me non è semplice definire con dei concetti o delle frasi esatte la sensibilità che sento di condividere con Etty, anzi, non penso sia possibile a meno che tutti non vivano la vita come “artisti” la maggior parte del tempo. Penso anche che il saper cogliere l’essenza e la bellezza del mondo si possa imparare solamente nel momento in cui ammetti a te stesso di aver bisogno di colmare un vuoto con qualcosa che va oltre al bene materiale o sentimentale, io lo definire più un bagaglio emotivo e spirituale.

Tra l’altro leggendo la frase riportata poco fa, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata un’opera d’arte che ho recentemente studiato, in particolare il messaggio che cerca di veicolare: si tratta di “Le Grazie” di Canova, in cui le tre protagoniste si abbracciano come sorelle affettuose, con le teste che si congiungono teneramente, mentre con le dita delle mani si sfiorano delicatamente le spalle, le guance e il collo. Persino Foscolo dedicò una riflessione a queste tre divinità di marmo che cantano all’immortalità e ad un’armonia già raggiunta, che non si basa sulla vita o sulla morte, bensì fa riferimento ad un mondo ideale costruito sulla fantasia che consente un riparo dalla brutalità del quotidiano.

Come testimoniato da Canova, da Foscolo e da Etty, anche per me la forma e la materia non sono mai una semplice rappresentazione, ma attraverso le arti ogni immagine può essere portata dal piano dell’esperienza sensistica a quella del pensiero.

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