Classe 1951, giornalista di professione dal 1978, Carlo Cerrato era responsabile della Redazione Rai ligure quando avvennero i fatti del G8 a Genova.
Il suo libro Mani bianche Zona Rossa, edito da ERGA, non vuole essere un’ennesima ricostruzione dei fatti avvenuti quel giorno, quanto un tentativo di inquadrare gli stessi in un contesto più ampio, che includa la prospettiva dei giornalisti e in particolare degli operatori (i più feriti perché ostacolati dalle pesanti attrezzature).
Con una riflessione sul giornalismo post-social, Cerrato ci presenta una situazione in cui tutti vogliono essere informatori, tutti si credono giornalisti, e chi ha studiato la professione si ritrova messo da parte nelle discussioni che infiammano i social. Si chiama disintermediazione: la mancanza del passaggio di comunicazioni e fatti ufficiali attraverso la mediazione giornalistica. Per questo fenomeno, ai professionisti del giornalismo viene a mancare uno spazio in cui possono raccogliere e rielaborare gli argomenti di interesse pubblico in modo da creare una notizia e dare un’opinione che susciti lo spirito critico nel lettore.
La visione di internet come mezzo di espressione della libertà e dell’informazione pubblica è quindi falsa. Senza regole, i nuovi mezzi comunicativi portano gli utenti, ora in grado di diffondere eventi su scala globale da sé, a pensare che il giornalista non sia una fonte affidabile perché ritenuto asservito al potere.
Cerrato ci propone un confronto fra gli episodi del G8 e l’assalto a Capitol Hill, in cui è evidente la differenza della diffusione delle informazioni causata dalla diffusione dei social media. I fatti verificatisi a Capitol Hill, e successivamente su Twitter con il ban del profilo dell’allora Presidente degli USA, hanno evidenziato come i social non siano mai stati luogo in cui l’informazione potesse circolare liberamente e oggettivamente. Invece, a Genova a fare informazione c’erano i giornalisti stessi in prima linea, che riuscirono a catturare l’evento nella sua immediatezza contrastando in parte la manipolazione dell’informazione.
Una cosa rimane la stessa: allora come oggi i giornalisti sono costantemente ostacolati, allontanati dal loro lavoro di informatori talvolta scomodi. Durante il G8 furono le pettorine gialle indossate dai giornalisti perché fossero riconoscibili a renderlo facili bersagli; oggi bastano il desiderio di chi sta al potere di tenere le redini dell’informazione e l’incomprensione della folla.